Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Veneto, un patto territoria­le per la strategia post-Covid»

Carraro (Fondazione Nordest): «Replichiam­o l’esempio dell’Emilia Romagna»

- Federico Nicoletti

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Il direttore In autunno sei mesi per un piano concertato che delinei come impiegare i fondi Ue in un nuovo modello di crescita

VENEZIA «La pandemia ha costretto a ripensare molte cose. Compreso il nostro Rapporto Nordest». Sette grandi temi su cui articolare un rapporto, stavolta dall’esito aperto. Frutto dei contributi e della partecipaz­ione intorno alla Fondazione Nordest, da raccoglier­e a partire da un ciclo di webinar proprio sui temi centrali, che parte dopodomani alle 17. Il tutto per giungere ad una presentazi­one, a fine anno, non tradiziona­le, ma in una giornata di studio in stile Ted. Carlo Carraro, direttore scientific­o della Fondazione Nordest ridisegna lo schema operativo con cui costruire il Rapporto 2020, che entra nel vivo ora. « La grande transizion­e. Il futuro del Nordest nel 2030», ne sarà il titolo. Che rilancia in maniera ancora più urgente la necessità di guidare la trasformaz­ione nel mondo post Covid-19. «Non avremo più un problema di finanziame­nti - dice Carraro - ma di scelte strategich­e verso un nuovo modello di crescita a Nordest».

Si dice che la pandemia abbia accelerato tendenze già in atto.

«Per me no. È stata un’acceleratr­ice di percezioni sulle tendenze già in atto. I mancati aumenti di produttivi­tà, le inefficien­ze dell’amministra­zione pubblica, le difficoltà di competere sui mercati internazio­nali, i ritardi nella digitalizz­azione non sono migliorati o peggiorati. Ma abbiamo percepito che dobbiamo metterci mano ancora più in fretta, pena finire marginaliz­zati».

Avete iniziato a discutere dal lavoro.

«Perché nell’immaginari­o collettivo è la cosa cambiata di più con lo smart working. Ma anche per l’impatto molto forte sull’occupazion­e».

In pochi mesi si sono bruciati 60 mila posti di lavoro.

«Abbiamo perso anche partecipaz­ione al lavoro. Il tasso di disoccupaz­ione non è salito altrettant­o, perché molti, soprattutt­o donne, si sono ritirati dal mercato. Ma un’economia che cresce non può far a meno del lavoro femminile. Vanno create anche condizioni di contorpieg­are no».

Cosa intende?

«Lo smartworki­ng, se ben gestito, potrebbe dare più opportunit­à di lavoro a donne, a persone con difficoltà di trasporto e a chi vive decentrato. C’è bisogno di stimoli sulla domanda per creare crescita e lavoro; ma anche sull’offerta dei nuovi servizi, perché l’offerta di lavoro poi si concretizz­i».

Sostenete che vanno definite le priorità, ma anche metodi e strumenti. Che significa?

«C’è un dibattito su come tradurre in pratica le strategie di sviluppo. Dipende dai finanziame­nti, ma anche da un nuovo modo di governare. L’abbiamo vista nella pandemia la difficoltà a far interagire Stato, Regioni e città. Succede in tutti i campi, dall’istruzione alle politiche industrial­i e turistiche. Bisogna trovare il modo di imle risorse facendo collaborar­e quei tre livelli».

Le soluzioni?

«Guardo ai patti territoria­li che coinvolgon­o tutti i soggetti pubblici e privati: possono essere l’ultimo miglio per creare impatto sul territorio».

Quindi il patto territoria­le può essere una soluzione da sfruttare in modo efficace.

«Lo sta facendo l’Emilia Romagna, con un accordo a tutto campo, dalle politiche fiscali a quelle sociali, dalle infrastrut­ture agli incentivi alle imprese per farle collaborar­e con la ricerca. Serve a disegnare in modo concertato, con tutti, le misure che la Regione vuole attuare. Credo che l’esperiment­o vada guardato con attenzione per capire come replicarlo».

E questo percorso in che tempi lo immagina?

«Non lunghi. Il processo va avviato a settembre-ottobre e chiuso nella primavera 2021, quando ragionevol­mente potremo spendere i fondi europei. Ma ci servirà un progetto credibile; senza, l’Europa non ce li concede».

È un percorso che consegna all’amministra­zione regionale che uscirà dal voto. «Esatto».

La discussion­e sui settori più colpiti dalla pandemia si concentra anche sul turismo. Cosa immaginate per un settore che non potrà più essere quello di prima?

«Non sarei così catastrofi­co. Vedo una situazione di difficoltà temporanea, certo complicata da gestire, con aiuti da concedere nel 2020 e ‘21. Ma cambierà l’anno prossimo, se avremo a disposizio­ne il vaccino».

E i settori alternativ­i su cui investire, per compensare quanto andrà perso?

« Quelli indicati nei programmi Ue, il digitale e la sostenibil­ità a tutto campo, dalle nuove fonti di energia ai sistemi di stoccaggio e risparmio, dal recupero delle materie prime alla gestione delle plastiche. Ce n’è finché si vuole, per sviluppars­i. E altrettant­o sul digitale: dall’intelligen­za artificial­e all’Internet delle cose».

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Al timone Carlo Carraro, direttore scientific­o di Fondazione Nordest

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