Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Veneto, un patto territoriale per la strategia post-Covid»
Carraro (Fondazione Nordest): «Replichiamo l’esempio dell’Emilia Romagna»
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Il direttore In autunno sei mesi per un piano concertato che delinei come impiegare i fondi Ue in un nuovo modello di crescita
VENEZIA «La pandemia ha costretto a ripensare molte cose. Compreso il nostro Rapporto Nordest». Sette grandi temi su cui articolare un rapporto, stavolta dall’esito aperto. Frutto dei contributi e della partecipazione intorno alla Fondazione Nordest, da raccogliere a partire da un ciclo di webinar proprio sui temi centrali, che parte dopodomani alle 17. Il tutto per giungere ad una presentazione, a fine anno, non tradizionale, ma in una giornata di studio in stile Ted. Carlo Carraro, direttore scientifico della Fondazione Nordest ridisegna lo schema operativo con cui costruire il Rapporto 2020, che entra nel vivo ora. « La grande transizione. Il futuro del Nordest nel 2030», ne sarà il titolo. Che rilancia in maniera ancora più urgente la necessità di guidare la trasformazione nel mondo post Covid-19. «Non avremo più un problema di finanziamenti - dice Carraro - ma di scelte strategiche verso un nuovo modello di crescita a Nordest».
Si dice che la pandemia abbia accelerato tendenze già in atto.
«Per me no. È stata un’acceleratrice di percezioni sulle tendenze già in atto. I mancati aumenti di produttività, le inefficienze dell’amministrazione pubblica, le difficoltà di competere sui mercati internazionali, i ritardi nella digitalizzazione non sono migliorati o peggiorati. Ma abbiamo percepito che dobbiamo metterci mano ancora più in fretta, pena finire marginalizzati».
Avete iniziato a discutere dal lavoro.
«Perché nell’immaginario collettivo è la cosa cambiata di più con lo smart working. Ma anche per l’impatto molto forte sull’occupazione».
In pochi mesi si sono bruciati 60 mila posti di lavoro.
«Abbiamo perso anche partecipazione al lavoro. Il tasso di disoccupazione non è salito altrettanto, perché molti, soprattutto donne, si sono ritirati dal mercato. Ma un’economia che cresce non può far a meno del lavoro femminile. Vanno create anche condizioni di contorpiegare no».
Cosa intende?
«Lo smartworking, se ben gestito, potrebbe dare più opportunità di lavoro a donne, a persone con difficoltà di trasporto e a chi vive decentrato. C’è bisogno di stimoli sulla domanda per creare crescita e lavoro; ma anche sull’offerta dei nuovi servizi, perché l’offerta di lavoro poi si concretizzi».
Sostenete che vanno definite le priorità, ma anche metodi e strumenti. Che significa?
«C’è un dibattito su come tradurre in pratica le strategie di sviluppo. Dipende dai finanziamenti, ma anche da un nuovo modo di governare. L’abbiamo vista nella pandemia la difficoltà a far interagire Stato, Regioni e città. Succede in tutti i campi, dall’istruzione alle politiche industriali e turistiche. Bisogna trovare il modo di imle risorse facendo collaborare quei tre livelli».
Le soluzioni?
«Guardo ai patti territoriali che coinvolgono tutti i soggetti pubblici e privati: possono essere l’ultimo miglio per creare impatto sul territorio».
Quindi il patto territoriale può essere una soluzione da sfruttare in modo efficace.
«Lo sta facendo l’Emilia Romagna, con un accordo a tutto campo, dalle politiche fiscali a quelle sociali, dalle infrastrutture agli incentivi alle imprese per farle collaborare con la ricerca. Serve a disegnare in modo concertato, con tutti, le misure che la Regione vuole attuare. Credo che l’esperimento vada guardato con attenzione per capire come replicarlo».
E questo percorso in che tempi lo immagina?
«Non lunghi. Il processo va avviato a settembre-ottobre e chiuso nella primavera 2021, quando ragionevolmente potremo spendere i fondi europei. Ma ci servirà un progetto credibile; senza, l’Europa non ce li concede».
È un percorso che consegna all’amministrazione regionale che uscirà dal voto. «Esatto».
La discussione sui settori più colpiti dalla pandemia si concentra anche sul turismo. Cosa immaginate per un settore che non potrà più essere quello di prima?
«Non sarei così catastrofico. Vedo una situazione di difficoltà temporanea, certo complicata da gestire, con aiuti da concedere nel 2020 e ‘21. Ma cambierà l’anno prossimo, se avremo a disposizione il vaccino».
E i settori alternativi su cui investire, per compensare quanto andrà perso?
« Quelli indicati nei programmi Ue, il digitale e la sostenibilità a tutto campo, dalle nuove fonti di energia ai sistemi di stoccaggio e risparmio, dal recupero delle materie prime alla gestione delle plastiche. Ce n’è finché si vuole, per svilupparsi. E altrettanto sul digitale: dall’intelligenza artificiale all’Internet delle cose».