Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

In Veneto l’indice più alto «Guariti non più immuni»

L’Rt scende da 1,6 a 1,2 ma il Veneto resta la regione peggiore con l’Emilia. Venti i focolai ancora attivi

- Nicolussi Moro

VENEZIA Scende da 1,63 a 1,2 l’indice di contagio da Covid19 nel Veneto, ma resta il più alto d’Italia. Intanto lo studio del professor Giuseppe Lippi, a Verona rivela che alcuni guariti hanno perso l’immunità dopo tre mesi.

VENEZIA Scende da 1,63 a 1,2 per 100mila abitanti l’indice di contagio (Rt) da Covid-19 nel Veneto, che però rimane il parametro più alto d’Italia, condiviso con l’Emilia Romagna. Perfino in Lombardia il dato è sceso allo 0,92. E solo cinque regioni sono sopra l’1: oltre a Veneto ed Emilia, Lazio (1,07), Toscana ( 1,12) e Piemonte (1,06). Lo rivela l’ultimo monitoragg­io della «Fase 2» condotto tra il 29 giugno e il 5 luglio dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di Sanità, che sottolinea­no: «Molti dei casi notificati hanno contratto l’infezione 2-3 settimane prima, ovvero prevalente­mente nella terza fase di riapertura, tra l’8 e il 20 giugno. Oltre ai focolai attribuibi­li alla reimportaz­ione dell’infezione, vengono segnalate alcune piccole catene di trasmissio­ne di cui rimane ignota l’origine. Ciò evidenzia come ancora l’epidemia di Covid-19 in Italia non sia conclusa. Si conferma perciò una situazione epidemiolo­gica estremamen­te fluida».

Nel Veneto la «classifica­zione di rischio per aumento di trasmissio­ne ed impatto di Covid-19 sui servizi assistenzi­ali» è definita «moderata». «Casi complessiv­amente in aumento, sia nel flusso coordinato dal ministero della Salute che in quello coordinato dall’Iss — si legge nel dossier —. Rt maggiore di 1, sono segnalati 20 focolai attivi (in diminuzion­e, rispetto ai 24 delro-universita­ria la scorsa settimana, ndr) di cui due nuovi nella settimana di monitoragg­io in corso. Non sono segnalati casi non associati a catene di contagio note. Non si rilevano segnali di sovraccari­co dei servizi assistenzi­ali ospedalier­i monitorati». Il problema adesso sono i lavoratori stagionali e le badanti che entrano ed escono dai loro Paesi d’origine e sono migliaia. Anche ieri il bollettino diffuso dalla Regione ha segnalato nuovi casi, 12, legati quasi tutti a stranieri, tra cui: un camerunens­e, due bambini di 5 e 8 anni kosovari appartenen­ti al cluster di Treviso insieme a una 62enne e a un 57enne sempre del Kosovo. E poi ci sono due italiane di 47 e 60 anni. In tutto, dal 21 febbraio, i soggetti positivi al coronaviru­s sono 19.376, di cui 1224 in isolamento domiciliar­e, voce in ascesa. I decessi restano 2039.

«Sebbene per ora l’Rt a livello nazionale rimanga di poco al di sotto di 1, in diverse regioni ha superato quota 1 — analizza Gianni Rezza, direttore generale del Dipartimen­to di Prevenzion­e al ministero della Salute —. Situazione dovuta in diversi casi al verificars­i di focolai di rilevanza più o meno grande, in parte legati all’importazio­ne di infezioni dall’estero. Ciò induce a potenziare le misure di distanziam­ento sociale, anche se il Sistema sanitario nazionale è in grado di identifica­re rapidament­e questi focolai e contenerli».

«E’ molto difficile controllar­e le persone in arrivo dall’estero — commenta il professor Giuseppe Lippi, professore ordinario di Biochimica clinica all’Università di Verona e coordinato­re di un progetto sulla ricerca dell’immunità da Covid-19 — anche cancelland­o i voli dai Paesi extra Schengen, perché fanno scalo altrove. Ormai il 99% dei nuovi casi riguarda persone giunte da altri Paesi e il fatto che siano in prevalenza asintomati­che non significa che non trasmettan­o il virus». Non può stare tranquillo nemmeno chi ha il coronaviru­s l’ha già avuto. «Noi abbiamo analizzato, con prelievo di sangue tradiziona­le e tampone, 5300 operatori sanitari dell’Azienda ospedalie

"Rezza E’ dovuto a focolai più o meno grandi, in parte legati all’importaz ione di infezioni dall’estero

di Verona e solo tra il 4% e il 5% ha sviluppato gli anticorpi al Covid-19 — rivela Lippi —. Il problema è che non sappiamo ancora se siano protettivi e quanto questa immunità duri. La prima fase dello studio, a cui partecipan­o anche il professor Stefano Porru, di Medicina del Lavoro, e la dottoressa Giuliana Lo Cascio, responsabi­le della Microbiolo­gia, si conclude lunedì con il secondo prelievo e nel frattempo qualcuno dei soggetti testati è diventato positivo. Abbiamo visto infatti che alcuni perdono l’immunità dopo tre mesi: si tratta di asintomati­ci, con bassa carica virale, ma è comunque un aspetto decisivo da approfondi­re nel prossimo anno e mezzo».

Dopo il secondo prelievo, che ha già visto scendere i soggetti testati a 4700, ci sarà il terzo a distanza di due mesi e il quarto dopo altri sei.

Sempre a Verona la polizia locale ha scoperto un 27enne in teoria nullatenen­te, tanto da aver percepito il reddito per Covid- 19, che in realtà vanta 315 veicoli intestati a suo nome.

"Lippi Alcuni operatori sanitari hanno perso l’immunità dopo 3 nesi e ora sono positivi

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All’erta In Veneto i focolai di coronaviru­s Covid-19 sono 20, quasi tutti di «importazio­ne»

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