Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
IL NORDEST E I CLUSTER ECONOMICI
«The future of work in Europe» è il titolo di una originale ricerca pubblicata di recente dal McKinsey Global Institute (giugno 2020). Un primo tratto di originalità risiede nell’unità di analisi, che non è rappresentata dalle 281 regioni dell’Unione europea quanto da circa 1.100 «economie locali» in 29 paesi (ai Ventisette, McKinsey ha aggiunto il Regno Unito e la Svizzera). Un secondo tratto di originalità ha invece a che fare con l’oggetto della ricerca, che al tempo della pandemia si sforza di gettare luce non solo sullo shock congiunturale, ma anche e soprattutto sulle tendenze che stanno cambiando il volto del mercato del lavoro.
In che modo il Veneto entra in quest’analisi? Cominciamo col dire che il mercato del lavoro europeo è stato suddiviso in 13 «cluster», che a loro volta si raggruppano intorno a tre macro-categorie: «Hub a crescita dinamica», «Economie stabili», «Regioni in contrazione». Tutt’e sette le province venete appartengono alla seconda categoria. Alla prima categoria appartengono 2 cluster: le «mega città» (per esempio, Londra e Parigi) e gli «Hub superstar» (per esempio, Milano e Stoccolma). Sono nel complesso 48 città che – scrive McKinsey – «tra il 2007 e i 2018, con il 20% della popolazione europea, hanno generato il 43% della crescita del Pil dell’Europa». All’estremo opposto (la terza macro-categoria) troviamo le 438 «regioni in contrazione» dove vive il 30% della popolazione europea.
Sono regioni localizzate principalmente nell’Europa dell’Est e del Sud, caratterizzate da forza lavoro declinante, popolazione anziana e bassi livelli di istruzione. Siamo così condotti alla categoria di interesse per questa regione, quella delle «economie stabili». Trattandosi di circa 600 economie locali raggruppate in 5 cluster, questa valutazione d’insieme nasconde, giocoforza, le specificità locali. Anzitutto, Padova è collocata fra le «diversified metros»: «Queste 64 città – è l’argomentazione – hanno un mix di occupazione nell’industria e nei servizi, e riescono ad attrarre nuovi residenti. La loro forza lavoro tende ad avere buoni livelli di istruzione, sebbene la crescita del Pil sia stata modesta». In secondo luogo, lasciando Padova, veniamo condotti verso Vicenza e Treviso, due città che vengono classificate da McKinsey in un altro cluster: quello dei «centri manifatturieri high-tech». Seguiamo la spiegazione: «La manifattura è l’attività dominante, e queste regioni producono un largo numero di domande per brevetti high-tech». In terzo luogo, Venezia, Verona e Belluno condividono l’appartenenza al cluster definito dei «paradisi turistici», ossia «luoghi che sono magneti per i visitatori». Resta Rovigo: un’economia locale classificata fra le città tendenzialmente piccole che «non hanno un particolare focus su un’industria».
Per concludere, conviene sottolineare il punto di partenza: la segmentazione dell’economia europea in 1.095 cluster è avvenuta basandosi sulle caratteristiche sia dell’offerta che della domanda di lavoro. Da qui la giusta cautela degli estensori della ricerca: non è una previsione, ma una documentata analisi volta a illustrare i principali trend da qui al 2030. La sempre crescente automazione dei processi produttivi e i progressivi sviluppi dell’A.I., uniti ai guasti creati dalla pandemia, pongono tutta l’Europa di fronte a nuove sfide per una piena valorizzazione delle sue risorse umane. L’Europa nel campo dell’economia reale significa l’Europa delle mille e oltre città (o economie locali). E nessuna di esse può dirsi esente da queste sfide, in Veneto e nelle altre regioni del nuovo Triangolo industriale più che altrove. Il mix occupazionale è già cambiato negli ultimi 10 anni, e ha favorito i lavoratori con le maggiori competenze e abilità: un trend destinato a proseguire e a rafforzarsi. Non c’è alternativa allo sviluppo di nuovi programmi di training e alla concentrazione di risorse nella formazione del capitale umano.