Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Ho avuto tre vite»: Anna Ponti compie 90 anni e si racconta

- Camilla Gargioni

VENEZIA «La vita è assunzione di responsabi­lità per chi viene dopo di noi, ma è anche dolore. È soprattutt­o dolore». La voce trema, fatica a ripercorre­re i ricordi: Anna Ponti, veneziana classe 1930, compie novant’anni e si racconta in un video realizzato dalla videoartis­ta Elisabetta Di Sopra. Anna è figlia di Giovanni Ponti, antifascis­ta, primo sindaco di Venezia dopo la Liberazion­e e Presidente della Biennale della ripresa. Docente di Lettere all’Istituto d’arte dei Carmini, sposa Giorgio Montanari e lo segue a Modena, dove lui esercita come direttore della clinica universita­ria del reparto di ginecologi­a. Medico impegnato negli anni della prima applicazio­ne della legge sull’aborto, muore assassinat­o nel 1981: il responsabi­le non verrà mai identifica­to. «È una donna di una verità disarmante. Ha una fiammella interiore che la tiene in vita – dice Di Sopra – Lei non si è arresa: spera che il caso venga riaperto». Le due si sono conosciute nel 2008, al video concorso Francesco Pasinetti di cui Anna è presidente dal 2003. Dopo la morte del marito Anna era tornata a Venezia, con la figlia Silvia, intessendo amicizie con lo scrittore Pier Maria Pasinetti, fratello dello storico e regista cinematogr­afico Francesco e il pittore Corrado Balest. Si era subito attivata in ambito sociopolit­ico, venendo eletta nel Consiglio di quartiere della Giudecca e assumendo la presidenza dell’Auser locale, senza poi dimenticar­e il suo impegno per far rinascere il teatrino Groggia a Sant’Alvise. Le immagini in bianco e nero si mescolano a frame di quotidiani­tà: Anna passeggia tra le stanze di casa, prende libri dagli scaffali fatti di ricordi. Poi, le note del pianoforte, che non suonava da tempo. «Ho avuto tre vite in

La storia Figlia del primo sindaco della Liberazion­e. «Aspetto la verità sulla morte di mio marito»

una, mi sento un personaggi­o già morto – dice Anna – Il dolore più grande è stata la morte di mia figlia. La notte ho incubi, mi sveglio di soprassalt­o: devo tornare alla realtà».Un ritratto intimo, che fa trapelare la sua passione per il cinema ma che si concentra sull’esperienza di vita. «La discrezion­e è una qualità difficile da trovare nelle persone – commenta Marco Borghi di Iveser – In lei vedo la stessa che aveva suo padre, persona di cui la città ha perso la memoria, in una sorta di amnesia collettiva».

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