Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«La responsabilità è soprattutto politica Con l’accoglienza diffusa non sarebbe accaduto»
TREVISO Nell’aprile dello scorso anno, la Caritas di Treviso aveva alzato bandiera bianca. «Il capitolato dei nuovi bandi, diretta conseguenza del Decreto Immigrazione del 5 ottobre 2018, mette fortemente in discussione la dignità delle persone perché non consente più di lavorare con loro», avevano spiegato i vertici dell’ente caritatevole annunciando così l’intenzione di non occuparsi più dell’accoglienza dei profughi. Una decisione per certi aspetti clamorosa, anche perché venne letta come un attacco diretto all’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, «colpevole» di voler relegare i migranti all’interno di maxistrutture senza fornire loro strumenti di formazione e integrazione: «Ad alcune di queste persone verrà riconosciuto il solo diritto di sopravvivere - spiegarono dalla Caritas - con la garanzia dei pasti e di una sistemazione abitativa, una condizione che può generare situazioni di forte marginalità ed esclusione sociale con possibili effetti sull’intera comunità. Il progetto di accoglienza diffusa, invece, ha sempre mantenuto un’attenzione particolare sul benessere dei cittadini».
Sono trascorsi meno di due anni. E adesso, proprio la città di Treviso scopre che l’hub della caserma Serena s’è trasformato nel più grande focolaio di coronavirus del Veneto.
«Me lo aspettavo. Purtroppo era inevitabile che prima o poi accadesse qualcosa del genere» scuote la testa don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso.
Perché era inevitabile?
«Non ho visto con i miei occhi le condizioni in cui versa la caserma Serena. Ma una cosa è evidente: accentrare centinaia di persone all’interno di un’unica struttura, per quanto spaziosa, aumenta i rischi sanitari. Altro che il problema della movida e delle piazze affollate: lì i migranti dormono l’uno accanto all’altro in camerate con otto o dieci persone. È sufficiente che un unico ospite risulti positivo per contagiarne molti altri...».
Di chi è la responsabilità?
«Non metto in dubbio che qualche ospite della struttura possa tenere comportamenti avventati, non indossare la mascherina o non mantenere il distanziamento sociale. Ma in un contesto simile, credo sia complicato adottare tutte le precauzioni. E allora, forse, le responsabilità maggiori sono dei politici che hanno favorito i grandi centri di accoglienza e fatto in modo di cancellare l’accoglienza diffusa, con la quale sarebbe materialmente impossibile ritrovarsi alle prese con oltre cento migranti infetti».
Secondo alcuni invece è la dimostrazione che occorre impedire nuovi sbarchi...
«Il fenomeno migratorio non si può fermare, ma si deve almeno tentare di governarlo. Invece, nel bel mezzo all’emergenza Covid sento parlare solo di economia, di soldi, di aiuti alle imprese. E sembra che in pochi vogliano investire sulla cura delle persone. Ma la salute è un diritto fondamentale che dev’essere garantito a tutti, migranti inclusi».