Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Gli strappi del sindaco le amicizie nate in aula e le «foto» improbabili
Maratone, polemiche, lacrime: cinque anni di Consiglio
VENEZIA Il consigliere della Lega Giovanni Giusto che cammina per Venezia mentre argomenta davanti ad un pino marittimo, poi davanti ad un palazzo in restauro, quindi in fondamenta. Il fucsia Valter Rosato che partecipa alla seduta collegato dal giardino, Giancarlo Giacomin che non ostenta quadri o libri ma i disegni dei nipoti, la salviniana Silvana Tosi che per settimane ha la webcam che le inquadra solo la fronte. Il volto triste e segnato ieri l’altro nell’ultima seduta di Saverio Centenaro, Fi, per la morte della madre.
Le riunioni in videoconferenza del consiglio comunale hanno aperto uno squarcio sul lato privato e umano dei 36 consiglieri che per cinque anni in aula si sono affrontati, confrontati, incontrati, scontrati. Ma fuori sono meno d’impatto le istantanee dell’album dei ricordi di una consiliatura fuori dall’ordinario. Momenti di commozione, come la commemorazione a novembre di Paolo Pellegrini, stimato da maggioranza e opposizione. Strappi in maggioranza che si ritenevano impensabili: il voto contrario di
Maurizio Crovato e Ottavio Serena nel 2015 al cambio di destinazione d’uso di tre appartamenti della consigliera fucsia Marta Locatelli (da mesi assente dal consiglio, unica non ricandidata); le dimissioni di Crovato da capogruppo fucsia; l’addio di Renzo Scarpa e Serena passati al Gruppo Misto; la Lega che nel 2017 votava contro la delibera per il blocco dei take-away proposta dall’assessora leghista (ma non sufficientemente separatista) Francesca Da Villa.
Un quinquennio che ha inserito nel lessico istituzionale diverbi da antologia degli insulti: il «Distastro de omo, porti sfiga», lanciato dal sindaco Luigi Brugnaro ad Andrea Ferrazzi (Pd) che ha meritato l’attenzione del Tribunale (87 mila euro di risarcimento), così come il «Non sei capace di leggere un bilancio, di aziende non ne capisci niente», indirizzato al 5s Davide Scano. E maratone infinite sui regolamenti: edilizio, di polizia urbana (che ha introdotto il Daspo sui turisti cafoni e tuffatori), del consiglio comunale. Ma se c’è un’immagine simbolo è quella del sindaco Luigi Brugnaro che il 2 febbraio del 2018, dopo un’appassionata difesa del progetto del palasport ai Pili, tra le lacrime lascia lo scranno e al suo posto mette la coppa vinta dalla Reyer. Applausi dalla maggioranza, sorrisi di scherno dall’opposizione. «L’apice dell’arroganza, del conflitto di interessi, della mancanza di rispetto del ruolo — scuote la testa la capogruppo Pd Monica Sambo — Ricordo anche il discorso sull’Unesco: il sindaco parla di tutela della laguna, fenicotteri e dice che gli spacciatori nigeriani sostituiranno i turisti. Serve commentare?». Tra le poche vittorie dell’opposizione, la decisione di togliere la plastica dai distributori negli uffici comunali. Ancora non attuata. «Maggiori soddisfazioni sono arrivate dall’esterno, dalle battaglie sul nido Millecolori e sul regolamento per i canoni delle case Ater, poi ridotti». «Il momento più emozionante è stata la cittadinanza a Liliana Segre — ricorda Maurizio Crovato — Ma quelli più divertenti sono avvenuti fuori dall’aula. Quella volta che alle 10 di sera il sindaco convocò la maggioranza davanti al circolo Arcobaleno in zona stazione, ritrovo di pusher. Un nero alto due metri gli fa: “Il capo sono io”. E Brugnaro: il sindaco sono io e comando io. E arrivano polizia e carabinieri».
«Un’esperienza deludente: invece di dialettica, tesi antitesi e sintesi, solo tesi urlate — sospira il vicepresidente Giovanni Pelizzato, Lista Casson — Con due ricordi positivi: la battaglia notturna sul nuovo regolamento del consiglio. E il chiarimento con Giusto dopo un duro scontro: da allora restiamo avversari politici ma tra di noi si è creata una bella connessione umana».