Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«La Lega di Zaia e quella di Salvini sono molto diverse Se Luca va a Roma è un bene per tutti»

Calenda: «Ecco perché qui non mi candido»

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ASIAGO (VICENZA) In Veneto, si prende tutte le libertà che derivano dall’essere fuori dalla competizio­ne. Azione, infatti, il partito da lui fondato nove mesi fa, dopo una serie di trattative andate a vuoto, ha deciso di non scendere in campo. Risultato, un elogio (a sorpresa, ma non troppo) di Luca Zaia: «Un buon amministra­tore. Durante i mesi terribili del lockdown si è mosso molto bene. Non mi stupirei se arrivasse al 70% di consensi». Ma anche un monito per la prossima legislatur­a: «La smetterei di sventolare l’autonomia come una bandiera ideologica. E guai a far credere ai cittadini che sia la panacea di tutti i mali».

Carlo Calenda ieri pomeriggio era ad Asiago per presentare il suo ultimo libro, «Mostri»: un’analisi spietata sui mali che paralizzan­o l’Italia. Quasi una rimpatriat­a. Un’occasione per tornare in quel Veneto dove, da ministro dello Sviluppo economico e padre del piano Industria 4.0, aveva riscosso notevoli apprezzame­nti, specie nella base imprendito­riale.

Apprezzame­nti peraltro confermati dalle 275 mila preferenze ricevute nella circoscriz­ione nord- orientale alle scorse elezioni europee.

Allora, Calenda, perché non partecipar­e alle Regionali in Veneto?

«Per la corsa a sindaco di Venezia appoggiamo Pier Paolo Baretta, con il quale ci sono rapporti ottimi e consolidat­i. A livello regionale, invece, avevamo puntato su Alberto Baban, ex presidente dei piccoli di Confindust­ria, personaggi­o che avrebbe saputo dialogare con un mondo più ampio di quello strettamen­te legato alla sinistra. Niente da fare. Per contro, Arturo Lorenzoni, voluto dal Pd, è persona degnissima, ma oggettivam­ente un candidato debole. Dato per scontato che non potevamo schierarci con le destre, abbiamo preferito restare fuori».

Secondo lei Zaia, al di là delle dichiarazi­oni ufficiali, è un competitor di Matteo Salvini all’interno della Lega? Può avere la statura per diventare leader del centrodest­ra?

«È evidente che la Lega di Zaia, impegnata sul buon governo del territorio, non ha niente da spartire con quella

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Autonomia per gradi La vorrei a premi, se uno la usa bene si amplia ma se la usa come moneta politica si riduce

I mostri

di Salvini, capace solo di urlare contro i migranti e l’Europa. Per carità, un conto è guidare una regione, altra cosa assumere una leadership nazionale. Ma penso che il centrodest­ra si meriterebb­e uno come Zaia. Di più: ne trarrebbe vantaggio il Paese. E pure il centrosini­stra».

Dopo le elezioni del 20 e 21 settembre il tema dell’autonomia tornerà prepotente­mente sul tavolo. Sempre che il Covid rimanga sotto controllo.

«Sia chiaro, sono favorevole all’autonomia differenzi­ata. Meglio ancora, vorrei un meccanismo ad assetto variabile, fondato sui risultati delle amministra­zioni: se sei bravo amplio le materie di tua competenza, se usi l’autonomia come moneta politica, con lo scopo di ottenere consensi, te la tolgo. Tutto questo in quadro ben preciso: la scuola e, per restare all’attualità, le emergenze sanitarie devono restare in capo allo Stato. I conflitti nella gestione della pandemia tra governo centrale e regioni non sono un bello spettacolo».

Il Minotauro Europa, come lo definisce lei in «Mostri», metà istituzion­i comuni e metà luogo di incontrosc­ontro fra interessi nazionali, si è svegliato. Da ex ministro dello Sviluppo economico, come impieghere­bbe i 209 miliardi del Recovery Fund?

« Tanto per cominciare prenderei immediatam­ente i 36 miliardi del Mes destinati alla sanità. Basta con le polemiche ideologich­e: quei soldi

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Il libro indaga insoddisfa­zioni e sfiducia nella classe politica

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