Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Verona, niente offerta su Padova «Ma si va avanti»
Fiere, alla scadenza del bando l’interesse non si traduce in offerta vincolante
Alla scadenza del bando per la gestione della Fiera di Padova, Veronafiere non ha presentato un’offerta. «Ma i contatti vanno avanti».
PADOVA Malgrado le continue spinte a livello politico (non ultime quelle del presidente della Regione, Luca Zaia, e dei suoi assessori Roberto Marcato e Federico Caner, delegati rispettivamente allo Sviluppo Economico e al Turismo), non è ancora il momento di concretizzare la nascita di un polo fieristico veneto, basato in particolare sui quartieri espositivi di Verona e Padova.
Per dare uno sviluppo pratico ai tanti progetti in campo (alcuni noti, altri invece un po’ meno), bisogna infatti aspettare tempi migliori. D’altronde, l’emergenza coronavirus della scorsa primavera, il successivo periodo di «lockdown» e l’incertezza riguardante la prossima stagione autunnale (sempre legata all’evolversi della pandemia) hanno fortemente penalizzato tutti le società fieristiche. Venete, nazionali e mondiali. Tanto che, di fronte al divieto di assembramento imposto dalle direttive sanitarie, l’intera programmazione del 2020 è stata quasi azzerata, con le immaginabili ripercussioni negative in termini economici. Sia per gli stessi quartieri espositivi che per il tessuto produttivo dei relativi territori.
Ecco dunque spiegato il perché, dopo la manifestazione d’interesse presentata un paio di mesi fa, Verona Fiere ha deciso di non trasformare tale manifestazione in una vera e propria offerta vincolante per assumere la gestione del ramo fieristico di Padova Hall, cioè la nuova compagine totalmente pubblica (controllata da Comune e Camera di Commercio) che governa l’area espositiva (ma non solo) della città del Santo. D’altra parte, all’eventuale gestore, la società presieduta da Antonio Santocono (che è pure presidente dell’istituto camerale padovano) domandava un considerevole affitto di quasi 4,7 milioni di euro all’anno, per un periodo minimo di 9 anni. Troppo, evidentemente. Se non altro ricordando che, non più tardi di un anno e mezzo fa, i francesi di Gl Events e gli imprenditori locali di Geo Spa sono di fatto stati costretti a lasciare la Fiera padovana perché non erano in grado di pagare ai soci pubblici (proprietari dei padiglioni) un canone annuo di un milione e mezzo di euro, tre volte più basso rispetto a quello richiesto tramite il bando di gara scaduto l’altro giorno.
Ma i colloqui sull’asse Verona-Padova, raccontano i beninformati, sono destinati a continuare. E dunque non vanno escluse possibili sinergie future, da sviluppare però con tempi e, soprattutto, investimenti diversi. «Il settore fieristico - spiega infatti Santocono, presidente di Padova Hall - ha bisogno di una profonda riorganizzazione a ogni livello. Internazionale, nazionale e regionale. E in questo senso, i contatti e i ragionamenti tra i diversi attori non si fermano. L’obiettivo, insomma, è quello di valorizzare l’intero sistema fieristico veneto per favorire il rilancio del nostro tessuto economico » . Parole, quelle di Santocono, che fanno capire come più di qualcosa stia effettivamente bollendo in pentola. Qualcosa che, forse, prenderà forma dopo le elezioni regionali del 20 e 21 settembre. O magari tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, quando scenari e ipotesi di sviluppo (chissà se ancora condizionati dal Covid-19) saranno un po’ più chiari.