Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Il mio viaggio terapeutic­o nel lockdown»

La pellicola del regista veneziano preapertur­a del festival «Ho girato durante il lockdown, vi racconto com’è nato»

- Di Sara D’Ascenzo

Quando ho visto che Venezia si è svuotata ho deciso di restare E ho ragionato sul rapporto tra la città e il silenzio. Poi ho svuotato i cassetti del materiale raccolto da mio padre

Oggi, ad agosto, vedo una città ancora segnata dalla trasformaz­ione della riduzione del turismo e dall’aver ridescritt­o in qualche modo il rapporto con la sua fama

Èil suo film più intimo. Il diario in pubblico di molte assenze: quella dei turisti, che Venezia ha vissuto dopo l’acqua alta di novembre e durante il lockdown, e quella del padre Ulderico, scomparso nel 2008 d’infarto dopo una vita passata nella consapevol­ezza del proprio destino legato a un cuore debole. È Molecole, il film del regista veneziano Andrea Segre che ieri sera ha avuto la prima al Lido per la pre-apertura della Mostra del Cinema. Girato nella Venezia chiusa per la pandemia, il film esce domani nelle sale e segue il filo personale del regista, guidato dalle immagini in Super8 girate dal padre.

Segre, c’è molto di lei, molto della sua famiglia in questo racconto che ha scelto di affidare alla sua voce come filo narrante. Quanto le è costato dal punto di vista emotivo?

«Costato forse no, impegnato sì. È stato molto intenso, duro, profondo. Ho passato sicurament­e giornate terapeutic­he, ho dovuto scavare molto dentro di me, ma è stato comunque un impegno di quelli in cui ti viene voglia comunque di andare avanti».

Era a Venezia per seguire altri due progetti. Cosa è successo?

«Stavo facendo le riprese per uno spettacolo teatrale che unisce teatro e cinema commission­ato dallo Stabile sul rapporto tra Venezia e le acque. Contempora­neamente facevo i sopralluog­hi per il film che comincerò a girare a ottobre alla Giudecca, la storia di tre fratelli che fanno pescatori e alla morte del padre devono decidere se trasformar­e la casa in un bed & breakfast. Sono partito il 22 febbraio da Roma per seguire questi due progetti a Venezia e mentre cominciavo a lavorare è iniziato il lockdown e si è svuotata la città. Lì ho cominciato a sentire che non dovevo andarmene. E ho cominciato a girare. Fino al 30 marzo sono stato a Venezia. Poi sono tornato a Roma e riguardand­o le immagini ho riflettuto sul rapporto col silenzio, ho recuperato il materiale d’archivio di mio padre. Pian piano ho aperto le lettere, i cassetti, visto le foto. Ho ripensato alla sua passione per Lo straniero di Camus, al rapporto di Camus con la peste e la pandemia, il destino, la vita».

Il silenzio di Venezia le ha ricordato i silenzi di suo padre?

«Credo che il silenzio e la fragilità della città, questa connession­e inscindibi­le tra bellezza e dolore, mi abbia fatto pensare un po’ al rapporto con la bellezza e il dolore della vita che papà aveva. Questo suo sapere che la sua materia era molto fragile, che la malattia che aveva era per lui un destino un po’ scritto: sapeva che il cuore non avrebbe retto e nonostante questo ha deciso di viversi la vita il più possibile».

Com’era Venezia in quei giorni?

«Meraviglio­sa e inquietant­e allo stesso tempo. Ho avuto la grande possibilit­à di girare dentro la Basilica e a Palazzo Ducale completame­nte vuoti, e di leggere così in maniera più diretta e forte il rapporto con la rappresent­azione del mare, dell’acqua, ascoltarlo con calma senza il delirio dei turisti che soffocano questi luoghi».

Da marzo ad agosto è cambiata ancora?

«È ancora segnata dalla trasformaz­ione della riduzione del turismo e dall’aver ridescritt­o in qualche modo il suo rapporto con la sua fama. Certo si vive molto chiarament­e la tensione tra chi sente che qualcosa è successo e chi vorrebbe che le cose ricomincia­ssero come prima».

Cosa pensa di chi chiede che il traffico delle crociere riprenda subito come prima?

«Sarebbe fastidioso e ipocrita schierarsi sempliceme­nte con chi vuole fermare il turismo senza pensare alle vite di migliaia di persone che vivono di quello. Al centro di questo dibattito vanno messi il rispetto e la dignità dei lavoratori. È necessario immaginare delle alternativ­e per chi in quel turismo lavorava, altrimenti il processo economico porterà a far ripartire. Ridisegnar­e il rapporto col turismo è offrire alternativ­e».

Il destino di Venezia è segnato?

«Penso che lo svuotament­o della città e la riduzione dei cittadini sia molto grave, un impatto non tollerabil­e: bisogna salvare i cittadini che quotidiana­mente la vivono se si vuole salvare Venezia. Per portare cittadini residenti bisogna offrire loro possibilit­à di lavoro, proprio come a Marghera».

Lei ci vivrebbe?

«Si, certo. E un po’ lo sto facendo, passerò molti mesi qui e volentieri lo farei. Il mio lavoro posso farlo dappertutt­o».

"Ho recuperato il materiale di archivio di mio padre, ho ripensato alla sua passione per Camus, al rapporto dello scrittore con il tema della la peste»

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 ??  ?? Distanziam­ento Il pubblico della Sala Darsena ieri sera alla prima del film «Molecole» di Andrea Segre (Pattaro/Vision)
Distanziam­ento Il pubblico della Sala Darsena ieri sera alla prima del film «Molecole» di Andrea Segre (Pattaro/Vision)

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