Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Falsa partenza, aperto solo un asilo su tre
Gli altri hanno rimandato a lunedì prossimo. E alla Giovanni XXIII di Padova bimbi divisi tra «pianeti»
E’ il Piccolo Principe, guida dell’istituto, a prendere idealmente per mano i bambini e a guidarli alla conoscenza dei sette pianeti, uno per ciascun gruppo di iscritti, che l’emergenza Covid tiene divisi nella galassia. Le maestre della scuola per l’infanzia Giovanni XXIII di Padova, paritaria cattolica con Nido e materna, hanno scelto di spiegare così, in modo costruttivo (ogni pianeta è un laboratorio e ha una sua entrata per accogliere bimbi e genitori) e non traumatico la nuova realtà, che cambia le regole anche all’asilo. «Per fortuna imparano subito — dice la maestra Alessia — il primo giorno di scuola è andato bene per i bambini di 4 e 5 anni. I nuovi iscritti, di 3, seguiranno l’inserimento graduale dalla prossima settimana e troveranno già il corridoio diviso da armadietti per la nanna, che non si può più fare nel salone comune, la mensa divisa per classi, la misurazione della temperatura all’ingresso, la sanificazione delle mani, il cambio delle scarpe e la segnaletica. Per incuriosire i bimbi e consentire a tutti l’attività didattica completa, ci sarà la rotazione dei gruppi fra pianeti».
Defezioni non ce ne sono, la scuola è al completo: 85 piccoli alla materna e 29 al Nido. Ma stanno arrivando altre richieste di iscrizione da parte di famiglie rimaste «orfane» di asili costretti a chiudere. «Purtroppo è così, solo il 2 agosto hanno chiuso 12 nostre scuole, sette delle quali materne», rivela Stefano Cecchin, presidente regionale della Fism, sigla che riunisce 1300 scuole paritarie (mille materne, con 80mila iscritti, e 300 Nido, con 13mila). Accolgono due bimbi veneti su tre di età zero-sei anni. «Lo Stato si è dimenticato delle paritarie — dice Cecchin — dal settembre 2020 al giugno 2021 non ha previsto nemmeno un euro di stanziamento straordinario per l’emergenza Covid. Le statali, frequentate da 9 milioni di bambini in Italia, hanno ricevuto 3 miliardi di fondi: visto che un altro milione di piccoli frequenta le paritarie, avrebbero dovuto ricevere il 10% della somma, cioè 300 milioni. Invece zero. E così chi non ce la fa a sostenere le spese legate alla pandemia, si arrende. Mi riferisco agli arredi per separare i vari gruppi, agli straordinari da versare al personale per il prolungamento dell’orario necessario a consentire entrate e uscite scaglionate, doppi o tripli turni in mensa, all’acquisto di materiale e macchine per la sanificazione, ai dispositivi di protezione individuale, alla segnaletica. Ogni scuola ha speso il 15%, cioè 20mila-25mila euro, più del solito». Non bastano i 36 milioni ricevuti dalla Regione, invece dei 31 consueti, che ne ha previsti altri tre.
Ieri solo un terzo degli asili ha aperto (a Venezia anche meno: 20 su 130), gli altri hanno rimandato al 7 settembre, perché
La Fism
«Spese ingenti per gli interventi anti-Covid, dallo Stato nessun aiuto, perse 12 scuole»
devono completare le misure anti-Covid. Sono tante, arrivano dal ministero dell’Istruzione a spizzichi e bocconi e spesso all’ultimo momento, come l’obbligo di avere due referenti per scuola che si interfaccino con le Usl in caso di bimbi sintomatici o positivi al tampone. E poi c’è la formazione del personale: 26mila persone preparate in quattro giorni on line, altre 12mila da istruire in tre giorni. «Abbiamo dovuto comprare una serie di piattaforme, perché ognuna tiene in linea solo 500 utenti — chiude Cecchin —. E sempre on line vanno tenuti i rapporti con i genitori. Nessuna disdetta nelle iscrizioni, anzi, stiamo accettando richieste dell’ultima ora».