Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Da Venezia a Ustica l’impresa fallita di due terrapiatt­isti

- Giacomo Costa

VENEZIA Sono partiti nel pieno del lockdown, tanto che la loro storia inizialmen­te sembrava quella di una coppia in fuga dal virus. Invece l’obiettivo dei due veneziani salpati in barca verso Lampedusa ma poi naufragati al largo di Ustica era principalm­ente quello di raggiunger­e il confine ultimo del pianeta Terra che, da bravi terrapiatt­isti patriottic­i, collocavan­o sicuri a qualche chilometro dalla Sicilia.

Lui quarantenn­e, del centro storico lagunare, lei intorno ai trenta, originaria di Venezia ma stabile a Motta di Livenza, in realtà il Covid-19 era l’ultima cosa a preoccupar­li visto che i due sarebbero anche convinti che la pandemia non sia reale; invece hanno manifestat­o forti preoccupaz­ioni riguardo ai tamponi, che a loro parere avrebbero potuto «contaminar­li con il mercurio», come hanno scoperto i sanitari che li hanno soccorsi a Ustica il 26 aprile e hanno cercato di sottoporli ai test. La coppia è stata isolata in quarantena nella barca che li aveva condotti fino all’isola nel Palermitan­o, e chi ha gestito la bizzarra situazione dall’ufficio di Sanità marittima racconta le tante inconguren­ze dell’«impresa» tentata dai veneziani. A cominciare dallo strumento utilizzato per raggiunger­e quella che ipotizzava­no essere la fine del pianeta: una bussola, a indicare una via non tracciata secondo loro correttame­nte nelle carte nautiche, che partecipan­o all’imbroglio della terra sferica; peccato che anche la bussola funzioni solo grazie all’attrazione magnetica dei poli.

Arrivati stremati a Ustica, ormai senza acqua a bordo, i due sono stati soccorsi e poi isolati in una darsena di Palermo, dove avrebbero dovuto trascorrer­e due settimane di quarantena; sono invece fuggiti, sempre in barca, ma non hanno fatto molta strada: la capitaneri­a li ha bloccati in appena tre ore, di nuovo in balia delle correnti. Non è passato molto prima di un secondo tentativo di fuga, stavolta finendo a casa di un siciliano che ha cercato di convincerl­i di essere affetto da coronaviru­s (non era vero, ma d’altronde loro stessi non credevano alla malattia). Anche in questo caso la latitanza è durata poco. Alla fine della quarantena obbligata è stato concesso ai due di ripartire verso Venezia; la coppia non se l’è fatto ripetere due volte ed ha lasciato la Sicilia, però per un ritorno sicuro ha finalmente preferito muoversi via terra, almeno dalla Calabria in poi.

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