Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Noi, il vero antidoto al Romavirus»
Il Partito dei Veneti è nato dall’unione di diverse sigle indipendentiste Il perno del progetto politico è l’autonomia, innanzitutto fiscale
«L’unica medicina con cui possiamo sconfiggere il Romavirus dopo il coronavirus è l’autogoverno. Dalla Lega solo promesse». Lo dice Antonio Guadagnini, candidato presidente del neonato Partito dei Veneti
Il regalo più bello è stato l’endorsement (pazienza se in italiano un po’ claudicante) di Herbert Dorfmann, l’eurodeputato della Südtiroler Volkspartei. Perché quello è il modello a cui guarda con ambizione il Partito dei Veneti: una lobby territoriale oltre la destra e la sinistra, corazzata entro i confini regionali e vascello corsaro a Roma, abile ad incunearsi tra le fragilità dei «partiti italiani» per portare sempre a casa il risultato.
«L’unica medicina con cui possiamo sconfiggere il Romavirus dopo il coronavirus è l’autogoverno – dice Antonio Guadagnini, candidato presidente della neonata formazione autonomista -. Sono tre anni che abbiamo votato al referendum, 2,3 milioni di persone alle urne, un Sì schiacciante col 98% e siamo al punto zero. Di chi è la colpa? La Lega è in cima alla lista: da quanti anni promette, promette e non mantiene mai?».
A leggere i sondaggi per molti veneti Luca Zaia è la battaglia autonomista che si è fatta uomo.
«Ma infatti il problema non è Zaia, è la Lega, che non lavorerà mai seriamente per l’autonomia per il semplice motivo che si tratta di un partito nazionale che in quanto tale non può fare gli interessi di una regione sola. Non l’ha fatto quando c’era Bossi, e diceva d’essere il sindacato del Nord, crediamo lo farà ora, che Salvini ne ha fatto un partito sovranista tricolore? L’unico modo per avere l’autonomia è votare compatti un partito che raccoglie i suoi consensi solo qui per poi “spenderli” a Roma, scegliendo di volta in volta le battaglie più utili».
Lei è stato 5 anni in maggioranza con Zaia e ora si candida contro Zaia. Perché?
«Con lui ho stretto un patto della durata di 5 anni e 5 anni sono passati».
Come è andata?
«La gestione ordinaria funziona bene ma a prescindere da chi c’è a Palazzo Balbi, il Veneto è una macchina che per certi versi si guida da sola. Quel che manca è la regia sui problemi complessi e io l’ho detto a Zaia, in più occasioni. L’autonomia fin qui è stata un fallimento, ora rischia di trasformarsi in farsa».
Perché?
«Il ministro Boccia vuol fare il federalismo unificando i Livelli essenziali delle prestazioni e colmando il gap infrastrutturale. E cioè, in entrambi i casi, dando soldi al Sud».
Che altro ha detto a Zaia? «La Pedemontana è un macello. Ogni passo ci costa come un appartamento, 150 mila euro al metro. Realizzarla costa 2,3 miliardi. Ma il contratto è salito prima a 19 miliardi, poi a 23, ora siamo a 12,5, un costo esorbitante che garantisce al concessionario 5 miliardi di utile netto. Perché non l’ha fatta la Regione accendendo un mutuo? Le risorse c’erano, il project financing andava sospeso. E poi la beffa: l’opera è strategica, di interesse nazionale, ma lo Stato ci guadagna 2,5 miliardi di imposte. Robe da matti».
Altre delusioni?
«La vicenda delle banche: ce le siamo fatte portare via e la colpa è anche di Zaia, anzi, soprattutto di Zaia».
Perché?
«Al Sud sono stati più bravi. La Popolare di Bari, che versava nelle stesse condizioni di Veneto Banca e Popolare Vicenza, è stata salvata dalla politica locale che ha preteso e ottenuto l’intervento del fondo interbancario. I vertici sono stati azzerati ma il controllo è rimasto sul territorio e ora PopBari è il punto di riferimento del Mezzogiorno. Da noi sono rimaste solo macerie. E non è finita». Dica.
«Le municipalizzate. Anche qui serviva una regia. Lombardia ed Emilia Romagna, con A2a e Hera vengono in Veneto a fare shopping, noi siamo prede. E lasciamo stare gli indicatori economici di quelle regioni, ormai siamo all’inseguimento».
Almeno la sanità funziona, no?
«Gli operatori la gestiscono in modo eroico, perfetto. La politica, invece, arranca sul tema chiave, le risorse. Un esempio aiuta a capire: la Regione paga al privato, per una risonanza magnetica in convenzione, 180 euro. I privati, fuori convenzione, ne chiedono 45. L’utile è di 135 euro. Sa come lo usano? Per pagare meglio i medici, rubandoli al pubblico. Demenziale. Parliamo delle borse di studio? Siamo schiavi delle decisioni di Roma, che taglia e basta. Ma a Roma c’è la Lega, mica noi».
È vero che vuole riaprire le case chiuse?
«Mi accusano di mercificare il corpo delle donne ma 60 anni di legge Merlin lo hanno schiavizzato. Parliamoci chiaro: l’alternativa non è prostituzione sì o no, perché il no non esiste, il meretricio c’è da sempre, in tutti i luoghi del mondo. L’alternativa è tra l’Italia della droga, dello sfruttamento, delle malattie, e l’Austria delle donne che si autogestiscono in libertà, in sicurezza, pagando le tasse».
Avete archiviato l’indipendenza?
«Assolutamente no. Per noi l’autonomia è quella fiscale, vogliamo tenere qui i nostri soldi. Se non ce la daranno in questi termini, noi riproporremo il referendum per l’indipendenza. Roma deve capire che non scherziamo, siamo pronti a sollevare un caso europeo, come la Catalogna o la Scozia».
Si torna sul tanko?
«Io sto facendo uno sforzo enorme per emancipare il movimento da un’immagine per qualcuno romantica, per qualcun altro folcloristica, ma in ogni caso poco credibile per l’elettorato. Questo mi sta costando molte critiche ma dev’essere chiaro che noi non siamo quelli delle carte d’identità venete e delle riunioni del Doge. Paragonarci a loro è come paragonare il Pd alle Br, Giusva Fioravanti alla Meloni».
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Gli errori di Zaia
È mancata la regia sui temi complessi: dalle popolari alle municipalizzate il Veneto è diventato preda.
E poi la Pedemontana: un macello
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Case chiuse e Catalogna
Tra le nostre proposte c’è la riapertura delle case chiuse, come in Austria. E ovviamente la piena autonomia, siamo pronti a seguire l’esempio catalano