Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Bpvi, anche Stabile tra gli indagati per bancarotta
VICENZA Girolamo Stabile indagato per la bancarotta di Popolare di Vicenza. La novità sull’inchiesta-bis relativa al crac Bpvi è emersa ieri al processo in corso al tribunale di Vicenza e che si avvia a chiudere la sfilata dei testimoni, per poi puntare verso la sentenza di primo grado, dopo 18 mesi in aula, a questo punto entro fine anno. Il nuovo filone, dopo quello sull’aggiotaggio e l’ostacolo alla vigilanza già in dibattimento, è quello sulla bancarotta, scaturito dalla dichiarazione d’insolvenza in sede civile di Popolare di Vicenza al momento della liquidazione, nel giugno di tre anni fa, confermata già in appello. Troncone che, in partenza, in sostanza si sovrappone sugli indagati con il processo in corso. Ma l’inchiesta si muove. Se n’è avuta la riprova ieri con Stabile, il finanziere legato ai fondi Optimum in cui Bpvi aveva investito alla fine, secondo quanto emerso al processo, per realizzare acquisti
«baciati» di azioni. Il finanziere chiamato a deporre come testimone, non lo ha potuto fare, in quanto indagato nel troncone-bis. Tornerà il
6 ottobre. Per lui l’ipotesi ruota intorno alla bancarotta per distrazione, proprio intorno ai soldi investiti nella partita di giro dei fondi esteri. Su cui in particolare si starebbero concentrando le indagini della Guardia di Finanza.
Ma intanto il processo va avanti. Ieri tra i testimoni anche l’ex dirigente del segmento affluent, Alessandro Felloni. Che ha raccontato la vicenda di come le cause degli storni di interessi, i flussi di denaro dalla banca ai clienti legati ai rendimenti promessi sulle «baciate» o all’azzeramento degli interessi sui finanziamenti, fossero stati «sbianchettati» dalle pratiche nella primavera 2015, quando l’ispezione Bce ha già scoperto il bubbone delle «baciate». Lui va dal capo del Retail, Gian Maria Amato, a chiedere conto di quei flussi rilevanti. «Eh, è così», è la risposta. E proprio da Amato arriva l’indicazione di ristampare le pratiche di finanziamento cartacee, togliendo le causali. Che rimasero a quel punto solo su quelle firmate da Giustini e Sorato, già usciti dalla banca. Con il risultato di far ricadere in prima battuta solo su di loro la responsabilità. Salvo aver conservato a casa, Giustini, le copie prima maniera delle stesse delibere. Che la Finanza poi sequestrò, ristabilendo almeno la par condicio.