Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
IL RACCONTO DELLA MONTAGNA
UN VIAGGIO NELLA BELLEZZA DI DOLOMITI E ALPI GIULIE TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
La mostra a Conegliano A Palazzo Sarcinelli visitabile fino all’8 dicembre: dipinti, acquerelli, manifesti, libri e taccuini
Cattedrali di roccia che si tingono di viola, abbacinanti pinnacoli innevati o vallate crepuscolari intrise di spiritualità, l’effetto cristallino delle acque che sgorgano dalle grotte. Dalle cime proiettate verso l’infinito del cielo alle viscere della terra, il senso di meraviglia che l’immensità dei versanti e le strettoie delle gole possono suscitare sulle orme degli artisti. È un itinerario visivo di straordinarie architetture naturali pregne di romanticismo, verismo e simbolismo quello proposto da «Il racconto della montagna nella pittura tra Ottocento e Novecento», esposizione allestita fino all’8 dicembre a Palazzo Sarcinelli, Conegliano (Treviso).
La mostra restituisce l’idillio delle Dolomiti e delle Alpi Giulie trascinando il visitatore in un viaggio della bellezza tra dipinti e acquerelli, pubblicistica, cartografia, libri e taccuini, stampe. La curatela di Giandomenico Romanelli e Franca Lugato si muove sul doppio binario pittori e artisti-esploratori: il rincorrersi delle correnti artistiche a cavallo dei due secoli e l’esperienza della montagna attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta. Il tutto partendo dalla fascinazione per quel paesaggio alpino scoperto nella seconda metà dell’800 da intraprendenti «foresti» alla ricerca di nuove forme di turismo. È il 1864 quando due viaggiatori britannici, l’artista Josiah Gilbert e lo scienziato e botanico George Cheetham Churchill, danno alle stampe The Dolomite Mountains. Tra il 1861 e il 1863, con le mogli al seguito, i due turisti setacciano l’allora quasi sconosciuto territorio dei rilievi che incorniciano il nordest italiano. È l’inizio della fama per le Dolomiti, che diventano di moda oltre Manica come elitaria meta del Grand Tour.
Promossa da Comune di Conegliano e Civita Tre Venezie, la rassegna prende avvio col volume dei due inglesi a cui è accostato il best seller Il Bel Paese (1876) dell’abate Antonio Stoppani, che dedica i primi capitoli alle Alpi Carniche
e ai Monti Pallidi. Quindi le tele di Cortina del pittore ed esperto alpinista Edward Theodore Compton, insieme topografiche e dalle pennellate impressioniste. Dalla montagna romantica alla pittura del vero, è una gara di virtuosismi cromatici, a catturare il variare di luci e stagioni e a intrappolare il sentire dello scenario alpestre, da Giovanni Danieli a Giovanni Salviati - con le sue rosate Cime di Lavaredo e vette de La Marmolada - e al suo maestro Guglielmo Ciardi, che si inerpica dal Grappa all’Altipiano di Asiago e alle Dolomiti con cavalletto e tavolozza, «stordito» dalla luce montana. Echi simbolici, rimandi biblici, atmosfere rarefatte dominano i lavori di Francesco Sartorelli e la sua elegiaca l’Ave Maria (1890), di Traiano Chitarin con la Giuliva alba dal Grappa -Luce ( 1924) di stampo divisionista e di Teodoro Wolf Ferrari con Val Vescovà,
che ha i colori della modernità.
Una sala è dedicata all’abilità di alcuni artisti nel rappresentare lo scintillante bianco del manto nevoso. Esempi sono il grande Monte Serva (1896) di Millo Bortoluzzi e le vallate cadorine di Carlo Costantino Tagliabue e Tito Zivelonghi. Ma ecco i contrappunti dell’excursus, il primo dei quali è negli ammiccanti manifesti della Collezione Salce ( spiccano quelli di Franz Lenhart) che raccontano una montagna felice e dinamica promovendo Cortina e le sue manifestazioni sportive.
Le altre interpunzioni sono ritratti: alla pioniera dell’alpinismo al femminile Irene Pigatti; a Giuseppe Mazzotti, autore del fortunato La montagna presa in giro (1931); e a Napoleone Cozzi e i suoi deliziosi acquerelli sulle Dolomiti Friulane. Il più noto cantore delle alture carniche è Giovanni Napoleone Pellis. Il monumentale Viatico in montagna è la silenziosa raffigurazione di un corteo funebre nel borgo di Sauris di Sopra nella Valle dei Lumiei. Spettacolari sono le Grotte di San Canziano di Ugo Flumiani, un groviglio dai forti contrasti chiaroscurali di gallerie e caverne ricoperte da stalattiti e stalagmiti che si specchiano nell’acqua. Altre guglie e crinali, il finale varca i confini esplorando picchi sloveni e croati. Nuovi valori mistici al paesaggio innevato trapelano dalle tele moderniste e sintetiste di Gabrijel Jurkic.
La montagna, aspra e dolce al contempo, come incessante fonte d’ispirazione.
La rassegna È un itinerario visivo tra romanticismo, verismo e simbolismo