Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Lettere come opere d’arte Il manifesto di Marini
Biennale di Venezia, l’estetica ludica del creativo di Monselice
Venticinque pittogrammi, 25 cosmi, 25 personalità del mondo dell’arte, design, architettura, musica, editoria, cinema e della business industry italiana, per un’esplosione di colorata energia positiva. Si è da poco conclusa la gioiosa antologica allestita alla Galleria di Piazza San Marco a Venezia della Fondazione Bevilacqua La Masa e già ritorna in laguna l’arte vibrante e pop di Lorenzo Marini, l’autore che ha fondato la corrente della «TypeArt», liberando definitivamente le lettere. Nell’ambito delle «Aperture Straordinarie» (fino al 31 dicembre) curate da Giovanna Zabotti al Padiglione Venezia ai Giardini della Biennale, l’artista, scrittore e creativo originario di Monselice, che da oltre trent’anni lavora con successo nell’ambito della pubblicità, vive e lavora fra Milano, Los Angeles e New York, ha presentato l’inedita opera «BiennalType», che coniuga arte e grafica, comunicazione e segno pittorico, leggerezza e ironia. È una lastra in acciaio specchiato con 25 «type» che Lorenzo Marini ha scelto per raccontare l’universo della Biennale-ponte di quest’anno, fatta di appuntamenti stra-ordinari. E allora, dal cantante Diodato al compositore Mogol, dal regista Ferzan Ozpetek agli attori Alessio Boni e Gioele Dix, dal videoartista Fabrizio Plessi ai designer Cibic e Michele De Lucchi fino al re del caffè Riccardo Illy, «lettere che rappresentano uno spazio di valori, momenti, persone, storie in ordine casuale come i frattali in una composizione armonica», spiega Lorenzo Marini. L’artista attraverso l’opera non svela solo i nomi dei partecipanti, ma racconta esattamente il programma dell’evento tanto da essere diventata il simbolo della manifestazione veneziana e utilizzata per i manifesti e tutte le declinazioni sui supporti di comunicazione della Biennale. «Siamo nel nembo della contaminazione dei generi- marca Marini – : le lettere diventano opere d’arte e l’opera d’arte diventa manifesto». Un manifesto dall’estetica ludica e accattivante summa dello stile e delle varie anime dell’autore, che riecheggia il Futurismo (da Fortunato Depero a Bruno Munari), si ricorda del segno del suo maestro all’Accademia di Belle Arti a Venezia Emilio Vedova e del graffitismo di Jean-Michel Basquiat, strizza l’occhio al calligrafismo orientale.