Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I DUE DOGI E LA PARTITA DA GIOCARE
La grande alleanza tra Luca Zaia e Luigi Brugnaro, immortalata sul bacino d’acqua dell’Arsenale, riavvicina Venezia al Veneto dopo secoli di reciproco isolamento e permette al sindaco-imprenditore di rivincere, battendo la «maledizione» dei dogi moderni. Dal Dopoguerra solo tre sindaci erano stati eletti due volte di seguito: Favaretto Fisca (1960-1970), Mario Rigo (1975-1985) Massimo Cacciari (19932000 con tris nel 2005). Da ieri Brugnaro è il quarto. Entrato in politica nel 2015, ha vinto il suo secondo referendum in nove mesi.
Era stato un test su di lui il voto sulla divisione tra Venezia e Mestre a dicembre, quando da unionista si era trovato contro l’alleato-Lega e quel pezzo di Pd diventato separatista pur di mandarlo a casa. Ed è stato un referendum il voto amministrativo, con una campagna elettorale tutta pro o contro di lui, più che sui problemi della città. Il Pd, partito forte della coalizione di centrosinistra, ha creduto poco alla possibilità di battere il sindaco uscente. Ha perso mesi a discutere di primarie, ha proposto un proprio candidato solo all’ultimo momento e non è riuscito a catalizzare i movimenti civici, dispersi o divisi in varie liste. Il sottosegretario Pier Paolo Baretta, catapultato da Roma nell’agone cittadino, non si è risparmiato, ha recuperato il gap di conoscenza, ha concentrato in un mese una campagna elettorale da cinque anni, ma dando la sensazione di combattere (quasi) da solo. Il sindaco a cui piace fare da solo, invece, per evitare di perdere, da favorito, al ballottaggio, si è alleato con i partiti del centrodestra ma, soprattutto, si è alleato con Zaia: eventi e pubblicità insieme, reciproci endorsement. La fotografia che ha sancito il patto — una grande chiatta con a bordo governatore, sindaco e candidati, con il doppio striscione fucsia «Brugnaro in Comune» e azzurro «Zaia in Regione» — si è rimaterializzata nelle urne. La valanga di voti che a livello regionale la capitale del Veneto ha regalato al governatore e alla sua lista (45%), nel voto comunale è in gran parte confluita sul sindaco e la sua lista fucsia, che raggiunge il record del 31,8 per cento, consensi che solo il Pci veneziano degli anni Settanta. Dell’onda Zaia, alla Lega sono andate le briciole di un 2 per cento in più.
È la doppia vittoria di Brugnaro, il «primo sindaco senza tessera» come si è definito ieri, che comanda ancora da civico una coalizione con Lega e Fratelli d’Italia, dove i fucsia hanno i due terzi degli scranni della maggioranza. Blindata. Una vittoria ampiamente annunciata, con la spina nel fianco della città storica. Il voto conferma che l’imprenditore è il sindaco di Mestre (e delle isole), dove lo ha votato il 60 per cento degli elettori contro il 34 per cento dei cittadini del centro storico, unica area dove lo supera (di poco) Baretta, unica municipalità persa a favore del centrosinistra. Una frattura che Brugnaro deve riuscire a ricucire per rilanciare la città, indebolita dagli effetti sul turismo dell’Acqua Granda e del lockdown, ancora più divisa tra chi invoca il ritorno veloce alla ricchezza di milioni di turisti, per far uscire dalla povertà migliaia di famiglie e chi chiede che la crisi sia l’opportunità per cambiare vocazione
economica, tra turismo sostenibile, green economy, smart city e ruolo europeo.
La grande alleanza Zaia-Brugnaro, che segna il primo allineamento tra Venezia e la Regione, ora ha la grande responsabilità di portare Venezia fuori dalla crisi, fuori dall’eterno rinvio su grandi navi, porto, Porto Marghera e gigantismo turistico. «Il nostro modello civico può riportare il centrodestra al governo nazionale», ha detto ieri il sindaco. Nell’attesa, sono questo governo dove siede anche lo sconfitto Baretta, e questa capitale, benché politicamente opposti, a dover dialogare per rilanciare la città che tutto il mondo ci invidia.