Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Volantini contro la Chiesa I corvi andranno a processo
Il pm firma il rinvio a giudizio per i due milanesi accusati di averli attaccati
VENEZIA Hanno cercato di convincere il pm Massimo Michelozzi di non essere loro «Fra.Tino», il «corvo» che per mesi ha tappezzato i muri di Venezia con cinque volantini con accuse sulla gestione economica e sulla vita sessuale di alcuni sacerdoti e contro il patriarca Francesco Moraglia, reo di non intervenire. Ma non ce l’hanno fatta e ora andranno di fronte a un giudice per difendersi dall’accusa di diffamazione aggravata a mezzo stampa. Il pm Michelozzi ha infatti chiesto il rinvio a giudizio di Enrico Di Giorgi e Gianluca Buoninconti, i due milanesi sotto accusa e già iscritti sul registro degli indagati.
Di Giorgi, 75enne ex manager del Petrolchimico di Marghera che aveva anche casa a Venezia, sarebbe coinvolto in tutti gli episodi. Buoninconti, tecnico informatico di 54 anni, solamente in uno, avvenuto in calle della Fenice. Il manager aveva poi una stretta frequentazione con don Massimiliano d’Antiga, a sua volta finito nella bufera dopo essere stato «cacciato» dal patriarca dalla parrocchia di San Salvador tra le proteste dei suoi fedeli l’8 dicembre 2018 e da allora sottoposto a processo canonico con l’accusa di disobbedienza al capo della
Chiesa veneziana. Pochi mesi dopo erano iniziati i volantini, in cui ad alcuni preti – riconoscibilissimi agli «addetti ai lavori» nonostante i nomi storpiati – venivano attribuiti comportamenti poco opportuni, sia dal punto di vista economico che da quello sessuale. D’Antiga, evidentemente, non è indagato, ma lo stesso Moraglia aveva fatto intendere di ritenerlo il «suggeritore» dei testi, tanto che a inizio giugno, dopo che la notizia dell’indagine era trapelata con i nomi dei due presunti responsabili, aveva commentato in maniera molto pesante: dapprima il Patriarcato aveva ricordato che Di Giorgi aveva accompagnato l’ex sacerdote sia al colloquio con Moraglia del 15 dicembre 2018 che nelle udienze del processo canonico; poi aveva affermato che «moralmente la colpa non è solo di chi ha materialmente agito, ma anche di chi sapendo non ha impedito, di chi ha scagliato la pietra e poi, per non essere implicato, ha nascosto la mano, abbandonando altri a responsabilità e colpe».
L’inchiesta era nata proprio in seguito agli esposti del Patriarcato, scosso dalle pesanti accuse di quei volantini, ogni volta diffusi in circa duecento copie. I carabinieri veneziani sono partiti dalla visione di ore di filmati delle telecamere di videosorveglianza, che avevano ripreso le affissioni, identificando i due presunti responsabili. Poi sono scattate le perquisizioni, nel corso delle quali a casa di Di Giorgi sono stati trovati elementi ritenuti schiaccianti: copie degli stessi volantini non affisse (ma con lo scotch attaccato dietro), appunti e anche una stampante perfettamente compatibile. Sono state inoltre eseguite delle perizie tecniche su cellulari e computer da cui emergerebbero stretti contatti tra il manager e don D’Antiga. Tra le cose sequestrate anche alcuni indumenti, per compararli con quelli delle persone riprese dalle telecamere di notte per le calli di Venezia, intente a incollare i volantini. Il primo era comparso a fine gennaio 2019, l’ultimo a inizio agosto.