Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Sì, abbiamo perso noi nativi Pd dobbiamo tornare tra i lavoratori»

RECORD PREFERENZE SAMBO Ripartire dai trentenni, dice Variati. La prima donna più votata: «Siamo più aperti alla società civile»

- Monica Zicchiero

«Abbiamo perso le elezioni. Non posso che partire da qui perché la delusione è veramente grande».

Inizia dalla brutta notizia la capolista del Pd Monica Sambo prima di annunciare quella buona ai 36mila che hanno votato Pier Paolo Baretta: i dem e il centrosini­stra non se la mettono via. Non dopo una campagna elettorale che, dice, ha visto un candidato sindaco «straordina­rio, che ci ha messo l’anima», che ha riportato la sinistra in strade, palazzi, quartieri, luoghi di lavoro, che ha recuperato all’impegno pezzi di cittadinan­za che neanche ci pensavano più.

Sambo è l a più votata di queste elezioni, 1.868 preferenze. Un record mai strappato da una donna negli ultimi decenni. « Oltre ogni aspettativ­a. Una piccola gioia nel dispiacere della sconfitta: quando si sta nel territorio, i cittadini lo r i conos cono. Bisogna tornare a far così: non ci sono post su Facebook o comunicazi­one che tengano». Un altro trentenne nel Pd ha fatto volare i consensi: Giacomo Possamai a Vicenza, con oltre 11mila preferenze.

Achille Variati ha detto che il Pd deve ricomincia­re da voi trentenni.

«Strepitoso, Giacomo. Bisogna ripartire dall’impegno costante e continuo con le persone».

Significa che finora il Pd è stato seduto nei circoli?

«No. Ma ci sono sempre meno iscritti e ciò penalizza. C’è chi come, Danny Carella alla Municipali­tà del Lido, ha fatto un lavoro eccellente riconosciu­to da destra e sinistra. Ma non è servito di fronte al voto politico in città, sulla scia di quello regionale».

Come si afferma la generazion­e dei trenta-quarantenn­i?

«Siamo nativi Pd, aperti alla società civile e ad un’idea di confronto meno rigida, con maggiore elasticità e dinamismo nel dialogo».

Sulle Municipali­tà la coalizione è stata chiusa nelle logiche di partito: uno a te, uno a me. E se si fosse adottato da subito il modello Borghi, unico presidente vincente?

«Non lo so. Marco è stata una scelta giusta. Lo era anche Danny. Una cosa è certa: per la scelta del candidato sindaco bisognava partire prima e non arrivare alla fine, quando sono inevitabil­i le frizioni e le rigidità di coalizione. Baretta è stato eccezional­e».

Ha subito chiarito che resterà in consiglio per far emergere una nuova classe dirigente e portare avanti questa modalità di presenza tra la gente. La guida che è mancata cinque anni fa?

«Felice Casson è figura importante e di valore. La prima volta che ho votato, ho votato lui. E l’ho sempre sostenuto. Ma non è stata una guida operativa per noi, che eravamo quasi tutti nuovi. Ciò non ha aiutato a creare le condizioni per un’opposizion­e sempre efficace. Non avevamo la statura, non ce l’ho neanche adesso (ride). Essere nel consiglio Comunale della città più conosciuta al mondo è una responsabi­lità, ma è stato come quando ti buttano in piscina per insegnarti a nuotare e ti dicono: galleggia! Negli ultimi anni, nell’opposizion­e ci siamo coordinati su singole battaglie. Stavolta partiamo con più esperienza».

C’è stato più dialogo tra i coetanei o tra le donne?

« Le donne. Con Debora Onisto, Elena La Rocca e Sara Visman abbiamo condiviso la battaglia di genere sul regolament­o comunale. Uno dei momenti più brutti e bui di questa amministra­zione, un arretramen­to culturale di 30 anni. Non ci rendiamo conto che certe conquiste vengono da anni di lotte e che se non si difendono, si torna indietro: si comincia sempre dalle donne per intaccare i diritti».

E quali temi hanno portato a 1.868 preferenze?

«Il lavoro. Parlare con i lavoratori, stare nei luoghi di lavoro. La sinistra si erge a paladina dei lavoratori, che però non la riconoscon­o e non la votano. Bisogna ergersi nei fatti, ascoltare le persone. Poi l’ambiente: l’incenerito­re, il Parco di San Giuliano, la plastica, le navi. E la scuola: ho presentato 130 pagine di interrogaz­ioni. Il servizio in cinque anni è decisament­e peggiorato».

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