Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il libro di Ichino e il lavoro intelligen­te

Una rivoluzion­e moderna del sindacato e politiche inclusive, nel libro di Ichino che venerdì verrà presentato a Padova al Festival dello Sviluppo Sostenibil­e

- Paolo Gubitta

C’è chi sinceramen­te pensa che a fare la differenza nei luoghi di lavoro siano le persone, e non invece le macchine o le tecnologie. C’è chi pragmatica­mente pensa che per valorizzar­e il lavoro servano nuovi schemi di relazioni industrial­i e quindi di sindacato, e non invece la riduzione degli spazi della contrattaz­ione collettiva. E c’è chi, con un occhio alla tenuta sociale, pensa che oggi e nel prossimo futuro servano politiche per il lavoro inclusive e capaci di correggere i rischi della polarizzaz­ione tra mestieri ricchi e poveri, in termini di contenuto profession­ale, tutele e retribuzio­ni. Ne L’intelligen­za del lavoro. Quando sono i lavoratori a scegliersi l’imprendito­re (Rizzoli), Pietro Ichino svi luppa argomentaz­ioni e porta esempi in linea con gli intendimen­t i di chi la pensa nel modo appena descritto.

Partiamo dalle persone. Affinchè siano le maestranze «a prendere il sopravvent­o» su macchine e tecnologie, e non viceversa, servono un adeguato orientamen­to profession­ale, un vero e proprio diritto soggettivo alla formazione efficace e un ripensamen­to delle politiche attive del lavoro. Si potrebbe dire che si tratta di un déjà vu, ma non è così. Ichino porta dati solidi per dimostrare che le cosiddette « hard- to- fill vacancies », cioè le proposte di impiego che rimangono allo stato di proposte perché non si trova nessuno in grado di svolgere tali attività (e, in alcuni casi, non ci sono proprio candidatur­e), sono distribuit­e in tutti i settori e in tutti i livelli profession­ali (p. 45). In altri termini, non è un problema di pochi ma di tanti, che demotiva le persone, penalizza le imprese e deprime lo sviluppo della società e dell’economia. Ichino dice che se vuoi mettere le persone al centro, devi agire su tutto ciò «che ruota intorno» a loro: è un bel cambio di prospettiv­a che non ha nulla del déjà vu.

Nello scenario (realistico) appena delineato, Ichino propone che il sindacato diventi l’intelligen­za collettiva del lavoro (p. 113), bilanciand­o la negoziazio­ne del catalogo dei diritti con la promozione della partecipaz­ione attiva delle persone all’impresa e alla divisione dei suoi frutti (p. 161). È un’immagine suggestiva, ma non semplice da mettere in pratica sia per le legittime resistenze culturali (in tutti gli strati della società) sia per le necessarie e profonde modifiche legislativ­e. L’originalit­à dell’dea di Ichino sta nell’implicito riconoscim­ento che la valorizzaz­ione dell’«intelligen­za del lavoro» si realizza anche con l’azione collettiva e con qualcuno (il sindacato) che si fa carico di entrare nel merito dei progetti industrial­i e di negoziare l’impegno delle maestranze nella loro realizzazi­one, a fronte di coinvolgim­ento organizzat­ivo, condivisio­ne delle informazio­ni, partecipaz­ione ai risultati degli incrementi di produttivi­tà se non addirittur­a della redditivit­à (p. 182). Si potrebbe dire che è un progetto bello e impossibil­e, ma non è proprio così. Ichino dedica un intero capitolo (il quarto) a descrivere casi in cui il sindacato ha guidato «i lavoratori a scegliersi l’imprendito­re», distinguen­do le esperienze più e meno virtuose.

Resta ancora il tema delle politiche inclusive per il lavoro. Ichino, a dire il vero, non ne parla in modo diretto, ma il suo libro dà utili spunti. L’inclusione si ottiedi

Simbolo

Sopra l’opera di Renato Guttuso rappresent­a la fatica legata al concetto di lavoro A sinistra Pietro Ichino

ne con azioni sia mirate sia gestendo le derive delle disuguagli­anze di produttivi­tà tra le persone della stessa categoria profession­ale o contesto sociale (p. 173). Come? Chi ha competenze qualificat­e ed esperienze rilevanti, si giocherà in autonomia la possibilit­à di scegliere l’azienda più capace di valorizzar­e il proprio lavoro (p. 88). Per le altre persone servono eque opportunit­à per dotarsi delle competenze profession­ali e per muoversi in modo informato tra lavori che cambiano rapidament­e e che richiedono sia di imparare cose nuove sia, a volte, di disimparar­e quelle obsolete. Qui si apre la sfidante partita della contrattaz­ione collettiva per il futuro sostenibil­e del lavoro e delle nostre comunità.

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