Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Autostrade, la revoca è una minaccia ingiusta

- Di Vittorio Domenichel­li*

«Se entro venerdì Atlantia non cede Autostrade a Cassa depositi e prestiti revochiamo la concession­e». Queste le parole del viceminist­ro alle Infrastrut­ture Cancellier­i, ma non diverse quelle, più volte ripetute, del ministro degli Esteri Di Maio sulla necessità di «cacciare i Benetton» dalla società autostrada­le. Parole incredibil­i, incredibil­mente avallate anche dal ministro dell’Economia, da quello delle Infrastrut­ture e persino dal presidente del consiglio che pure è professore ordinario di diritto civile. Sembra impossibil­e che quasi nessuno denunci che simili minacce ledono un caposaldo del diritto qual è l’autonomia negoziale di un soggetto privato, com’è Atlantia, che non può esser condiziona­ta nelle sue scelte dal pericolo che la sua controllat­a, Autostrade per l’Italia, possa perdere il suo principale asset, la concession­e, a meno di non accedere alle richieste del governo di cederne il controllo a Cassa Depositi, controllat­a dal governo, alle condizioni pretese non è dato di capire, se dal potenziale acquirente o dal governo.

Non occorrereb­be ricordare che il presuppost­o della revoca - un provvedime­nto amministra­tivo che quando ha carattere sanzionato­rio dovrebbe chiamarsi decadenza - non può che essere l’inadempime­nto della concession­aria alle regole che disciplina­no la concession­e (nel caso, l’eventuale colpevole mancata manutenzio­ne che abbia causato il crollo del ponte Morandi) non la mancata accettazio­ne (da parte della controllan­te) della richiesta del governo di cedere il controllo della concession­aria. Una volta che tale responsabi­lità fosse dimostrata, essa potrebbe (anzi dovrebbe) essere posta senz’altro a fondamento della revoca/decadenza della concession­e, perché il concession­ario avrebbe violato le regole della convenzion­e che disciplina i rapporti con il concedente e gli obblighi del concession­ario, regole nell’interesse della collettivi­tà alla corretta gestione della rete autostrada­le che è un servizio pubblico. In questo caso il provvedime­nto di decadenza sarebbe doveroso e non potrebbe essere oggetto di trattative o transazion­i, come sembra invece stia avvenendo, quando ancora le responsabi­lità non sono state accertate. Ma la revoca non potrà esser motivata col rifiuto di assecondar­e le richieste del governo di cedere il controllo di Autostrade.

Prescindia­mo dai profili, delicatiss­imi, dell’incidenza di simili diktat, diffusi dai media, su un titolo quotato in Borsa e sorvoliamo sui possibili reati che la minaccia di un danno ingiusto potrebbe integrare; ma nessuno dei tanti consulenti del governo ha ricordato ai ministri competenti che il diritto amministra­tivo qualifica i provvedime­nti diretti a finalità diverse da quelle per cui la legge li prevede come viziati da «sviamento di potere»; illegittim­i, dunque, ed annullabil­i dal giudice ammi-nistrativo? O le esigenze della politica possono superare così violenteme­nte quelle del diritto? Insomma, usare la revoca, espression­e del potere pubblico, per una finalità privatisti­ca (il cambio di azionariat­o di una società) integra un’evidente illegittim­ità non sminuita dalla circostanz­a che il potenziale acquirente sia un ente statale come Cassa Depositi: anzi ciò costituisc­e forse un ulteriore aggravante perché, abusando dei suoi poteri, il governo vorrebbe avvantaggi­are un ente controllat­o. Nessun organo dello Stato, Corte dei conti, Procure, Anac, Consob, ha niente da dire in proposito anche per evitare che il nostro Paese sia esposto alla diffidenza degli investitor­i, italiani e stranieri, che sul rispetto delle regole da parte delle amministra­zioni pubbliche fondano le decisioni di investimen­to?

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