Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Allarme nella comunità bengalese piano dell’Usl per i tamponi

- M. Ri.

VENEZIA Mentre aumentano i contagi a Fincantier­i, l’Usl 3 continua il dialogo con la comunità bengalese per attivare in tempi rapidi screening di massa, quanto mai necessari dopo le numerose positività emerse negli ultimi giorni (molte legate a lavoratori stranieri di ditte in appalto Fincantier­i). Ieri, è salpata la Costa Firenze per la prova a mare che vedrà la nave attraccare a Malta, sono quindi stati completati gli ultimi test sull’equipaggio. E sono emersi nuovi contagi: otto dipendenti della ditta di pulizie che avrebbe dovuto svolgere il servizio sulla crociera sono risultati positivi. Nessun dipendente dell’azienda ha quindi potuto imbarcarsi e personale per le pulizie è stato reperito a Monfalcone. Ma ieri è emersa anche la positività di un altro dipendente diretto Fincantier­i: era a casa da giorni malato e non era comunque tra quelli designati per la prova in mare. Nel complesso, da fine maggio, a Fincantier­i, sono risultati positivi 116 lavoratori — senza contare quelli dell’azienda di pulizie) — e per la maggior parte si tratta di casi individuat­i negli ultimi trenta giorni. Solo due lavoratori sono impiegati diretti dell’azienda quotata in borsa mentre gli altri sono tutti dipendenti di ditte in appalto, e perlopiù persone di origine bengalese. Proprio per questo i riflettori dell’Usl 3 si sono accesi sulla comunità, che già ad agosto era stata contattata per campagne di screening. Negli ultimi giorni, però, i contatti sono necessaria­mente più fitti. «Oggi (ieri, ndr) ho incontrato l’Usl 3 per organizzar­e campagne di controlli — spiega Kamrul Syed, portavoce della comunità bengalese — ci rivedremo lunedì quando parteciper­anno alla riunione anche altri miei connaziona­li. Bisogna fare in fretta, sto ricevendo tante chiamate di persone con la febbre che mi hanno chiesto dove potevano fare il tampone». L’Usl 3 ha già pronta la macchina organizzat­iva e lunedì dovrebbe essere trovato un accordo. Il timore, è che il virus possa diffonders­i ancora di più nella comunità, che vede nuclei familiari condivider­e appartamen­ti che arrivano a ospitare anche otto persone, con il rischio di trasmissio­ne che è quindi elevato.

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