Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mose, test con chiusure parziali Lo studio: funziona in alcuni casi
Zincone: ipotesi da approfondire. Fiengo: il collaudo finale? Inutile spreco di soldi
VENEZIA «Non è detto che serva sempre alzare tutte le schiere del Mose», aveva detto lunedì il commissario del Porto Pino Musolino. «E’ una cosa su cui vale la pena tornare a riflettere e anche eseguire dei test», osserva il provveditore Cinzia Zincone. Dopo il successo della chiusura di sabato, quando il Mose ha salvato la città da un’acqua alta di 132 centimetri, tenendo una quota di appena 70 centimetri, ora il tema si è spostato su quando e come aprirlo e sull’impatto che questo avrà sul porto. Per questo sono in corso riunioni tra il commissario del Mose Elisabetta Spitz, la Capitaneria, il Porto e le imprese che ci lavorano, in modo da trovare una soluzione: in particolare cercare di limitare il più possibile la durata dell’apertura, migliorando il sistema di previsione.
«Un altro aspetto sono gli “avvisi di ritorno” - continua Zincone - bisogna comunicare in maniera immediata agli operatori portuali la riapertura delle dighe » . La parola d’ordine del provveditore è «trovare un punto di equilibrio tra tutte le esigenze». Però è anche vero che per ora, in questa fase di sollevamento del Mose (non ancora finito) «in emergenza», difende la scelta dei 130 centimetri di quota per le aperture, effettuata da lei e Spitz. «Quella quota è tecnicamente la condizione ottimale per fare i test che dobbiamo fare - spiega - Capisco la critica politica, ma noi facciamo dei ragionamenti tecnici». E tra questi c’è anche la possibilità di chiudere solo alcune bocche. Il Consorzio Venezia Nuova a inizio anno aveva elaborato uno studio modellistico in cui si verificavano gli effetti delle chiusure parziali con tutte le combinazioni possibili, anche se ovviamente, ai fini portuali, interessano che prevedono l’apertura della bocca di Malamocco, da cui entrano le navi merci. «Le manovre senza chiusura di tutte le bocche di porto sarebbero da escludere per acque alte con colmi dell’ordine di 180 centimetri in quanto non consentono di mantenere i livelli al di sotto di quelli di salvaguardia» (ovvero i 110 centimetri), spiega lo studio, pur affermando che «consentono una riduzione dei livelli». Importante è poi il ruolo dei venti: la chiusura della sola bocca di Lido viene ritenuta efficace solo in caso di bora, anche se c’è un pericolo, tenendo aperta Malamocco: «Si generano correnti trasversali che coinvolgono il canale retro Isola Nuova, da considerare con estrema attenzione anche in relazione alla navigazione dei mezzi pubblici». Gli effetti maggiori si hanno per maree che crescono velocemente, mentre con quelle lente l’acqua entra.
Chi invece spingerebbe per chiusure a 110 è il commissario del Cvn Giuseppe Fiengo, pur sapendo però che sarebbero un danno per la conclusione dell’opera, perché ogni volta bisogna fermare il cantiere. «E le ditte le devi pagare lo stesso», osserva. Quanto alla «sicurezza» del Mose in questa fase, Fiengo non ha dubbi. «I collaudi sono stati tutti fatti in corso d’opera, mancano solo alcuni impianti recenti - spiega - Quindi l’opera è sicura. Non è invece previsto alcun collaudo finale, che per me sarebbe uno spreco di risorse, ma solo piani di gestione e manutenzione». Resta solo un problema aperto, quello dell’assicurazione del Mose nel caso in cui succedesse qualcosa: il dubbio è come qualificarlo nella valutazione dei rischi.