Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Carcere e virus rischio tensioni «Mancano spazi comuni»

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Mancano le aree comuni, gli spazi attrezzati, i bagni e gli spogliatoi separati. Si finisce persino per usare come schedari vecchi frigorifer­i. Era già un problema un anno fa, ora in tempi di pandemia rischia di diventare una miccia. E qualche esplosione, pur contenuta, c’è già stata. Ieri mattina, davanti al carcere di Santa Maria Maggiore, Franca Vanto e Gianpietro Pegoraro della Fp Cgil, assieme ai delegati sindacali delle due case circondari­ali veneziane, sono tornati a chiedere maggiori investimen­ti. «Oggi ci sono 148 agenti e 220 detenuti solo qui nel carcere maschile - ricorda Pegoraro - C’è un cortile che può ospitare giusto trenta persone, due ali in fase di ricostruzi­one mai completate». La mancanza di spazi collettivi si fa più pesante quando cresce l’insicurezz­a, come a causa del Covid-19. Il risultato sono anche le aggression­i, come quella della settimana scorsa ai danni di un secondino: «Abbiamo chiesto alla dirigenza come mai non abbia trasferito il detenuto, ci hanno risposto che hanno provveduto con misure disciplina­ri. Ma non è questo il protocollo». Per «stare bene dentro», come recita il nome della campagna promossa dal sindacato, serve però anche maggiore impegno sulla formazione: «I detenuti fanno già molto qui, tra borse, magliette e altri prodotti - ricorda Vanto - Restituire loro il senso del lavoro, la dignità della retribuzio­ne, è importante, ma è solo il primo passo. Poi serve anche maggiore preparazio­ne per gli agenti, che spesso si trovano anche a dover gestire personale psichiatri­co, magari senza esserne consapevol­i. Con il Pon Metro i soldi ci sono, ora però bisogna decidere come spenderli al meglio». (gi. co.)

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