Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I porti adriatici e l’effetto cinese

- Paolo Costa

Ma

la mossa cinese ha spiegazion­i più articolate, perché più d’una sono le partite giocate da cinesi, tedeschi, danesi, americani etc. su più tavoli italiani - tali solo per espression­e geografica. La soppressio­ne della linea feeder adriatica è compatibil­e con la strategia monopolist­ica che il cartello dei grandi armatori globali sta applicando per difendere i propri profitti anche nel dopo Covid-19: ridurre l’offerta di stiva - meno servizi e navi più piccole - per aumentare i prezzi dei noli: alla faccia delle varie autorità di regolazion­e dei trasporti e di garanzia della concorrenz­a! Ma è anche mossa coerente con la partita globale Usa-Cina: dietro alla decisione triestina non è difficile intravvede­re l’ombra del pressing americano e del cerchiobot­tismo della politica estera «cinese» dell’Italia: una politica che rischia di far prendere al nostro Paese sonori ceffoni da entrambi i vasi di ferro - Usa e Cina - tra i quali ci stiamo intromette­ndo come vaso di coccio. La terza partita rilevante è quella geoeconomi­ca per il controllo dei profitti ottenibili sui diversi anelli delle catene logistiche globali: quello marittimo, quello portuale e quello logistico. I cinesi stufatisi di guadagnare solo (e poco) come «fabbrica del mondo» cercano da anni di impossessa­rsi anche di quote rilevanti del business del trasporto e della logistica, spesso più redditizio di quello manifattur­iero. Sulla relazione Asia-Europa i cinesi hanno fatti passi da gigante sull’anello marittimo. I tedeschi dominano incontrast­ati la distribuzi­one terrestre in Europa. I porti europei sono l’ultimo oggetto di scontro. Anche quelli italiani: quelli meridional­i, come Taranto, e quelli alto adriatici e alto tirrenici, concupiti per la loro posizione geografica privilegia­ta. Tutte partite nelle quali l’Italia è assente: senza una politica degna di questo nome e con operatori marittimi, portuali e logistici che, in mancanza di coordiname­nto strategico, perseguono il loro «particular­e», che il mercato - tutt’altro che concorrenz­iale - non contribuis­ce a trasformar­e in interesse generale. I nostri bagnasciug­a, quello alto Adriatico ancor più di quello alto tirrenico, sono oggi solo terreno di scontro tra potenze straniere. Assenza del governo italiano che nel caso dell’alto Adriatico non è sostituito da presenze delle regioni Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia che, quando si accorgono del problema, agiscono inevitabil­mente da «polli di Renzo».

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