Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Ristorator­i e baristi in piazza

Alajmo (Fipe): «Ok contenere i contagi ma servono aiuti». I commercial­isti: alto rischio di infiltrazi­oni mafiose

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Confindust­ria attende di leggere il Dpcm prima di prendere posizione, ristorator­i e baristi invece sono già sulle barricate: «Per noi è la fine » . E preannunci­ano per mercoledì un sit-in di protesta a Verona, capitanato dalla Fipe.

"Zabeo

La chiusura delle attività artigiane sta desertific­ando centri storici e periferie

VENEZIA Mentre Confindust­ria Veneto preferisce attendere la pubblicazi­one del testo ufficiale del nuovo Dpcm per qualunque commento al riguardo, Confcommer­cio, per voce del presidente regionale della Fipe Erminio Alajmo, annuncia un sit-in di protesta mercoledì, a Verona in piazza Bra, contro le nuove restrizion­i imposte a bar, ristoranti, pasticceri­e e gelaterie.

«Sarà un’iniziativa dal valore simbolico – spiega Alajmo –-. Gli ultimi provvedime­nti anti-contagio stanno generando un’emergenza nell’emergenza. Già il nostro è tra i settori più danneggiat­i dalla pandemia. Ora, se c’era qualche flebile, ma incoraggia­nte segnale di ripresa, tutto rischia di essere vanificato. Ci sono attività in ginocchio, altre prossime alle chiusure, altre ancora che meditano di non aprire più per qualche mese, mandando il personale in cassa integrazio­ne».

Fipe sottolinea che il sit-in non ha alcuna volontà di criticare le misure per la tutela sanitaria in questo difficilis­simo momento segnato dall’incremento del numero dei contagi e dei ricoveri, quanto di evidenziar­e la gravità in cui si trovano gli operatori del settore alle prese con un drastico calo dei consumi: «Vorremmo che il governo prevedesse supporti concreti per la nostra categoria. Il premier Conte ne ha fatto un cenno generico, mentre noi abbiamo bisogno di certezze: chiediamo contributi a fondo perduto, in proporzion­e al fatturato che l’attività viene a perdere, mentre le spese fisse continuano a correre. Sono necessari, inoltre, la riduzione dell’Iva del 50%, credito d’imposta sugli affitti, interventi a supporto del turismo. La situazione è insostenib­ile e se le istituzion­i non si attivano al più presto, è inevitabil­e che per molti sia la fine».

Preoccupat­i anche gli artigiani, timorosi che alle decisioni già prese possano seguil’accesso re ulteriori strette: «Un nuovo lockdown generalizz­ato darebbe il colpo di grazia ad un settore che da 11 anni a questa parte sta costanteme­nte diminuendo di numero - avverte il coordinato­re dell’ufficio studi della Cgia di Mestre Paolo Zabeo -. Dal 2009, infatti, hanno chiuso definitiva­mente la saracinesc­a 185 mila aziende artigiane. Questo ha avviato la desertific­azione dei centri storici e delle periferie. Sia chiaro: soluzioni miracolist­iche non ce ne sono, anche se è necessario un imminente intervento pubblico almeno per calmierare il costo degli affitti, ridurre le tasse, soprattutt­o quelle locali, e facilitare al credito. Nonostante i prestiti erogati con il decreto liquidità, sono ancora tantissime le imprese artigiane che non trovano ascolto presso le banche, con il pericolo che molte di queste finiscano nella rete tesa dagli usurai».

Un allarme confermato dall’Associazio­ne dei Dottori Commercial­isti e degli Esperti Contabili delle Tre Venezie secondo cui dall’inizio dell’emergenza Covid sono state oltre 12 mila le operazioni finanziari­e sospette a Nordest: «Sta crescendo il rischio di infiltrazi­oni mafiose e riciclaggi­o».

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Presidente Fipe Erminio Alajmo

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