Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il liceo gli nega il nome da trans rivolta degli studenti e scuse

Elezioni al Tito Livio, cambio delle schede dopo le proteste

- Di Pierfrance­sco Carcassi

PADOVA In classe lo conoscono come Luca (nome di fantasia): così si presenta nei corridoi della scuola. Al «Ciao Luca» degli amici si gira subito. Ma quando ha deciso di candidarsi come rappresent­ante di istituto nel suo liceo, sulle schede elettorali è stato stampato un altro nome: Paola. È quello femminile con cui sedici anni fa è stato registrato all’anagrafe e in cui lui, adolescent­e transgende­r, non si riconosce. Da qui è partita la battaglia di Luca per vedere accettata la propria identità di genere. E ora la scuola potrebbe decidere di ristampare le schede elettorali per tutti, con la sola iniziale del nome anagrafico accanto al cognome.

È successo al liceo Tito Livio, uno dei più grandi di Padova, che ha avuto tra i suoi allievi anche l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Qui Luca ha formato una lista per le elezioni del rappresent­ante di istituto, assieme ad altre due allieve. Due anni fa Luca ha iniziato un percorso che lo ha portato a una diversa consapevol­ezza di sé e della propria identità di genere: una storia che finora ha condiviso soltanto con gli amici più vicini e di cui non c’è traccia nei registri scolastici. E neppure nel documento di identità che ha presentato per autenticar­e la propria candidatur­a: servivano nome cognome e firma. Gli stessi dati anagrafici sono stati riportati sulle schede elettorali che il 30 ottobre prossimo dovranno essere distribuit­e agli studenti. Ecco allora che, per votare Luca, gli studenti del Tito Livio avrebbero dovuto barrare «Paola». «Avevamo chiesto di mettere solo i cognomi o i nomi in cui i ragazzi si riconoscon­o - ha ricordato Luca - ma ci è stato risposto che si viene riconosciu­ti con il nome anagrafico».

Per questa ragione il dirigente scolastico aveva rifiutato di riportare il nome d’elezione: le schede erano già pronte. E così il giorno della presentazi­one delle liste agli studenti – online, causa coronaviru­s – Luca ha preso il coraggio a due mani per spiegare in videoconfe­renza a buona parte dei 900 ragazzi dell’istituto come mai il giorno del voto avrebbero dovuto scegliere un nome diverso da quello con cui si era sempre presentato. «Il problema è stato fare un “coming out” forzato davanti alle terze, alle quarte e alle quinte dell’intera scuola», ha aggiunto il ragazzo. Un bel salto nel vuoto. «Con tanti non avevo avuto modo di parlarne, e neppure con i professori. Volevo farlo ma non in questo modo. I miei compagni sono stati di supporto in quel momento: tutti mi chiamano usando il nome che ho scelto, magari senza sapere cosa c’è dietro».

Il caso ha attirato l’attenzione del collettivo degli studenti del liceo. Sono stati loro a organizzar­e una manifestaz­ione, venerdì mattina, davanti all’ingresso dell’istituto, per«una scuola inclusiva e libera da discrimina­zioni». «Il preside ha negato la legittimit­à dello studente nel riconoscer­si nel genere diverso da quello anagrafico», è l’accusa che campeggia in un post sul loro canale Instagram.

Il caso ha suscitato il commento di Alessandro Zan, deputato Pd e relatore della legge contro l’omotransfo­bia: «La vicenda di Luca - ha esortato - deve essere chiarita: mai la scuola, in quanto istituzion­e primaria nella formazione delle nuove generazion­i, si può rendere responsabi­le di discrimina­zioni, né può creare situazioni di disagio per i propri studenti». Il professor Mirco Zago, vicepresid­e del liceo che ha autenticat­o la candidatur­a di Luca ha assicurato che le procedure di candidatur­a si sono svolte come sempre: «Non conosco direttamen­te il ragazzo, abbiamo ricevuto i nomi e li abbiamo riportati, come da norma», ha chiarito. «Non sono stati rilevati difetti in quel momento, finché non è uscito il caso sui giornali. La situazione ci ha colpiti molto, la scuola e questa presidenza sono molto sensibili a temi di questo tipo e ai rapporti con il corpo docente, con gli studenti e con le famiglie».

A sorpresa, ieri, il liceo avrebbe manifestat­o una possibile apertura alla causa di Luca: «Oggi il preside si è scusato con me - ha raccontato ancora il 16enne - mi ha detto che è stata una disattenzi­one momentanea e che il comitato elettorale valuterà di ristampare le schede con l’iniziale del nome anagrafico e il cognome». Un esito inaspettat­o: «L’ho presa in maniera positiva, perché il preside ha capito la situazione e sta cercando di venirmi incontro. A me serviva questo. Non ho intenzione di continuare a protestare». Il successo più bello è il gesto gentile di un professore: «Mi è venuto a cercare - racconta Luca con un sospiro - e mi ha chiesto come volessi essere chiamato: è stato un sollievo grande come una casa. Poi mi ha detto «hai visto? Sei diventata famosa», riferendos­i agli articoli di giornale. Subito si è accorto di aver usato il genere femminile: “Dammi un po’ di tempo”, si è scusato, e mi ha dato una pacca sulla spalla».

Sulle schede elettorali c’è il nome femminile con cui il 16enne è iscritto all’anagrafe

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Transgende­r Hilary Swank in una scena del film «Boys don’t cry» (1999) che ha affrontato la tematica dell’identità di genere

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