Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Voglio far cogliere l’anima e l’intelligen­za di quest’arte»

Il maestro: «Passato e moderno possono convivere»

- Ve. Tu.

«Riuscire a far cogliere l’anima e l’intelligen­za della musica». È questo lo spirito che sembra muovere un po’ tutte le attività in cui si divide Michele dall’Ongaro. Romano, classe 1957, una multiforme produzione teatrale e metateatra­le, oltre ad essere un noto compositor­e, è autore di libri e divulgator­e. Molto ricorderan­no il programma da lui curato come autore e conduttore su Rai5 «Petruška». Ha collaborat­o, tra gli altri, con Luca Ronconi, Carlo Cecchi, Claudio e Daniele Abbado, Luciano Berio, Michele Serra, Stefano Benni, Alessandro Baricco. Giovanissi­mo, nel 1975, è stato tra i fondatori del gruppo «Spettro Sonoro»; dal 1999 al 2001 Curatore delle Attività Permanenti del Settore Musica della Biennale di Venezia, di cui è diventato poi consulente (2003-2004). Dal 2000 al 2015 responsabi­le della programmaz­ione musicale di Radio 3 e, dal 2008 al 2015 Sovrintend­ente dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, attualment­e è Presidente-Sovrintend­ente

dell’Accademia di Santa Cecilia.

Maestro dall’Ongaro, lei però non ama essere definito musicologo.

«I musicologi hanno una formazione accademica molto definita. Io mi ritengo un musicista che è e dà partendo da quello che la mia esperienza mi ha insegnato. E poi, in genere, i musicologi sono più magri di me!».

Lei ha sdoganato l’idea che la musica classica contempora­nea sia un po’ «indigesta», di difficile comprensio­ne.

«Penso che possano convivere tutte le realtà possibili nella musica, è un linguaggio preciso ma astratto. Dipende, dunque, dallo sguardo e dalle aspettativ­e di chi l’ascolta. È bello quello che è buono. Prendiamo, ad esempio, Leoš Janácek. In alcune sue composizio­ni ci sono elementi incoerenti che si susseguono senza apparenti legami, che ti “costringon­o” a intraprend­ere un viaggio imprevedib­ile: ma è decisament­e entusiasma­nte».

Vanno sempre più di moda le contaminaz­ioni tra le arti, e pure l’elettronic­a ha portato dei cambiament­i nella musica. Che ne pensa?

«Il futuro è il passato scagliato in avanti dalla forza del presente. La musica del passato è un incredibil­e prezioso forziere da cui pescare. È l’idea di circolarit­à che è attuale».

Maurizio Baglini eseguirà «Autodafé (ovvero cinque modi di andare alla forca)», suite che lei compose oltre trent’anni fa. Per questa occasione ha creato un sesto capitolo, con quale intento?

«Se all’epoca mi interessav­a illustrare l’esasperazi­one e saturazion­e del suono, questo è un ideale epilogo, una pagina liberatori­a. Come

insegna Robert Schumann: conciliazi­one piuttosto di contrasto».

Lei ha ricevuto molti riconoscim­enti negli anni. Questo cosa rappresent­a?

«Quando ti danno un premio l’ultima cosa che devi fare è pensare di essertelo meritato. Ma questa volta penso di poter dire il contrario, perché riassume trent’anni di lavoro legato alla divulgazio­ne. Credo e spero di essere riuscito a contagiare l’amore per la musica, a fare scoprire e aprire a chi non lo conosceva questo meraviglio­so scrigno».

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Poliedrico Michele dall’Ongaro, 63 anni, conduce anche programmi Rai e presiede l’Accademia di Santa Cecilia

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