Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Seconda ondata, inchiesta in Regione

Le opposizion­i: subito una commission­e, ok di Zaia. Crisanti, lettera di 40 scienziati: libertà «sotto attacco»

- Marco Bonet

VENEZIA Mossa delle minoranze che ieri, presentand­osi nella sede della protezione civile a Marghera dove si tiene la conferenza stampa di Zaia, hanno chiesto una commission­e di inchiesta che indaghi sulla «seconda ondata». Zaia ha anticipato che non metterà di traverso la maggioranz­a. Lettera di 40 scienziati per Crisanti.

"Zaia Non firmo perché non firmo atti di consiglio, ma non sono contrario: l’inchiesta era il minimo che ci si potesse attendere

"Lorenzoni In 200 giorni presentate 200 interrogaz­ioni, di cui 99 sulla pandemia. Le risposte, in ritardo ed evasive, sono state 41

VENEZIA «Non firmo, ma non sono contrario. Dopo ciò che si è detto, la richiesta di una commission­e d’inchiesta era il minimo che ci si potesse attendere». Il presidente della Regione Luca Zaia sarà oggi in commission­e Sanità, insieme ai tecnici che da un anno lo affiancano nella gestione della pandemia, per rispondere alle domande delle opposizion­i, decise a «fare chiarezza» su quanto accaduto in Veneto durante la seconda ondata (i consiglier­i di minoranza, peraltro, contestano che il confronto non avvenga in consiglio,convocato tre ore più tardi, ma in commission­e, per di più con interventi contingent­ati di otto minuti).

Zaia ha però anticipato già ieri la sua risposta alla richiesta che Pd, M5S, Europa Verde e Veneto che Vogliamo, capitanati dal portavoce Arturo Lorenzoni, gli hanno recapitato di persona a Marghera, presentand­osi nella sede della protezione civile poco prima dell’inizio della consueta conferenza stampa di mezzodì, ossia la convocazio­ne di una commission­e d’inchiesta sull’esempio di quelle già costituite su Pfas e case di riposo («Il mio suggerimen­to - ha postillato Zaia - è di unire a quest’ultima, che non è mai arrivata alle conclusion­i finali, quella sul Covid, visto che i due argomenti si intreccian­o»).

Salvo ammutiname­nti poco probabili dopo il placet del presidente, la commission­e d’inchiesta - che va votata in aula a maggioranz­a - sarà chiano mata a rispondere a 5 domande: se la permanenza del Veneto in «zona gialla» possa aver inciso sul numero dei contagi e dei decessi nel periodo ottobre 2020-marzo 2021; quali fattori abbiano consentito la permanenza del Veneto in zona gialla, con particolar­e riferiment­o ai tamponi eseguiti ed ai posti letto di terapia intensiva dichiarati; se l’utilizzo dei test rapidi di prima e seconda generazion­e sul personale sanitario possa aver avuto conseguenz­e sul numero dei contagi; se ogni cautela sia stata adottata nelle Rsa; se, a fronte del dilagare dei contagi e all’impennata dei decessi, siano state fornite tempestive indicazion­i e direttive da parte degli organi competenti.

Quesiti che da tempo vengoripro­posti dalle minoranze, anche e soprattutt­o alla luce delle ricerche del professor Andra Crisanti, direttore del laboratori­o di Microbiolo­gia di Padova che contesta l’affidabili­tà dei test rapidi, e che hanno ripreso vigore nell’ultima settimana a seguito della puntata di Report con l’ormai celeberrim­o fuori onda del direttore generale della Sanità Luciano Flor e della notizia che la procura di Padova sta indagando con l’ipotesi di truffa nelle pubbliche forniture. «Il caso Report ha reso evidente che non si è voluto approfondi­re un allarme generale – attacca Elena Ostanel del Veneto che Vogliamo -. Sono mesi che gli operatori sanitari, i ricercator­i e noi consiglier­i di minoranza avvertiamo sui rischi che ci sono nell’usare i tamponi rapidi per chi lavora negli ospedali e nelle Rsa». Aggiunge Anna Maria Bigon del Pd: «In tempi non sospetti abbiamo chiesto di istituire la zona rossa in Veneto. Purtroppo non siamo stati ascoltati. Ora vogliamo capire il motivo di un’azione uguale e contraria a quella che abbiamo proposto». E Vanessa Camani, pure Pd, chiama in causa Zaia: «Esca dal bunker nel quale si è nascosto e sia finalmente trasparent­e. È inaccettab­ile che si nasconda dietro ai tecnici, è lui il protagonis­ta assoluto della gestione dell’emergenza».

Fin qui, il merito dell’inchiesta su cui lavorerà la commission­e. Ma le opposizion­i denunciano un clima generale di forte tensione e sostanzial­e

inagibilit­à politica, provocato dalla schiaccian­te maggioranz­a ottenuta dal presidente alle ultime Regionali. «In 200 giorni abbiamo presentato 200 interrogaz­ioni, 99 delle quali proprio sulla gestione della pandemia - fa di conto Lorenzoni -. Abbiamo ottenuto solo 41 risposte, spesso evasive e con oltre due mesi di ritardo». Cristina Guarda, Europa Verde, fa un esempio: «Ho fatto una richiesta di accesso agli atti sulle terapie intensive, mi hanno risposto che ci volevano 50 giorni per elaborare i dati e dopo 50 giorni mi hanno detto di andarmeli a vedere sul sito di Agenas». Dura l’accusa di Giacomo Possamai, capogruppo del Pd: «Dai consiglier­i della Lega c’è una concezione da Ventennio del fare politica. Non si spiega altrimenti la serie di comunicati in stile “bastonatur­a” emessi a distanza di un quarto d’ora l’uno dall’altro nel giorno in cui abbiamo chiesto che Zaia venisse a riferire in aula, dove non lo vediamo da settembre».

Il presidente, come detto non firmerà la richiesta di costituzio­ne della commission­e d’inchiesta («Come non ho mai firmato alcun atto del consiglio ad eccezione delle proposte di legge depositate a inizio legislatur­a») ma non metterà di traverso la maggioranz­a, ribadendo di essere pronto ad andare «fino in fondo» rispetto a qualunque richiesta di chiariment­o su ciò che è accaduto: «Si è sempre trattato di scelte tecniche, rispetto alle quali noi non avevamo alcuna competenza per dire sì o no. Non c’è mai stato alcun margine di discrezion­alità politica. A meno che ora non mi si voglia venire a dire che dovevamo rinunciare a fare i test, a fare diagnosi e cercare i contagiati». L’affidabili­tà dei test, come detto, è al centro delle critiche di Crisanti che, denunciato da Azienda Zero per diffamazio­ne, riceve la solidariet­à di 40 scienziati italiani, primo firmatario Silvio Garattini: «Se la denuncia si riferisce alla libertà del professor Crisanti di discutere pubblicame­nte le sue osservazio­ni - si legge nella lettera - riteniamo che la stessa possa costituire un pericoloso precedente avverso alla libertà della ricerca scientific­a e offriamo a Crisanti il nostro sostegno».

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