Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La città mangia sindaci Rovigo rischia le elezioni
Le dimissioni di Gaffeo, che però apre uno spiraglio. Le donne Dem, la fronda e gli insulti del giorno dopo. Tre giunte ko in pochi anni
ROVIGO Il sindaco di Rovigo si dimette, sbatte la porta – il rumore arriva fino a Roma - e da quella porta filtrano correnti velenose. Ieri erano spifferi, oggi un tornado. Volano gli stracci nel Pd con scambio di accuse infamanti («squadristi», «nani», «cicciona»). E la città vive per l’ennesima volta la caduta di un’amministrazione.
ROVIGO Il sindaco di Rovigo si dimette, sbatte la porta – il rumore è arrivato fino a Roma - e da quella porta filtrano correnti velenose. Ieri erano spifferi, oggi sono un tornado. Volano gli stracci nel Pd rodigino con scambio di accuse infamanti ( «squadristi», «nani», «cicciona»). «E vabbé, sono un po’ sovrappeso - ammette la consigliera Margherita Balzan - ma occorreva arrivare a tanto?». Balzan di mestiere fa l’avvocato civilista e da avvocato preferisce ricombinarli i matrimoni piuttosto che romperli, più spesso è chiamata a certificarne lo sfascio. In questo caso non sa bene come andrà a finire: «Ho trattato coniugi che per tornare insieme sono passati davanti al giudice; capita alle coppie che abbiano bisogno di uno choc per tornare a convivere. Spero che sia questo il caso».
Difficile pare: ieri i «coniugi» erano già alla spartizione della mobilia. Nella fattispecie roba edilizia – l’edile non il privato è politico, e a Rovigo sono concreti – esattamente si trattava di decidere il posto dove far impiantare il nuovo tribunale. Dove sorge l’ex questura? Dov’era l’ex carcere? Lo si fa ex novo alto sette piani? Il ministero della Giustizia vuole una indicazione subito e l’amministrazione rodigina cincischia. La mozione che lo indicava – a indicarlo è stato il sindaco, «sembrava il duce al Gran Consiglio del 25 luglio ‘43 - dicono i frondisti - e non indicava niente» – non è passata per la contromossa di quattro donne più un uomo, il Nello Chendi che è anche presidente provinciale del Pd. Il sindaco visto il risultato - 17 contro 14 – si è dimesso e le due anime del Pd sono uscite dal vaso in cui le teneva il segretario nazionale Enrico Letta. A Rovigo si sono fatte corpi contundenti, i « coniugi » (l’anima popolare e quella comunista a tagliare di grosso) se le danno di santa ragione. Non solo per le idee, c’è l’appello alla piazza, l’accusa di tradimento, quella di «squadrismo», si discute della democrazia di partito, del risorgente centralismo democratico, c’è il sospetto di maschilismo e, già che ci siamo, anche quello del body shaming. «Gira fu Facebook un fotomontaggio con noi quattro femmine raffigurate come altrettante Giuda intorno alla figura di Enrico Letta. Io sono la cicciona. Non una telefonata di solidarietà dalle donne Pd, la solidarietà mi è venuta da Forza Italia, dalla Lega e per s ino da Ca s a Pound». Balzan sa che sono tutte prove a carico, ma se ne infischia.
Entrambe le parti hanno fatto appello a Roma. Nel pomeriggio di ieri Roma ha parlato: i reprobi devono fare dietrofront, il sindaco ha ragione. Roma locuta causa finita est? No. Rovigo è orgogliosa delle sue baruffe, ne fa un tratto distintivo. Edoardo Gaffeo che pur sembra godere di un ampio consenso, ha chiamato la gente in piazza, Rovigo la rossa ha un suo modo di litigare e la mobilitazione di massa fa parte del repertorio. Solo due volte si è distratta e l’amministrazione è passata al centrodestra, nel 2011 con Bruno Piva contro Federico Frigato. «Siamo una citta sfigata – disse allora un militante del Pd – ce lo meritiamo uno che di nome fa sfrigato». Gaffeo – dimissionario, ma devono passare i 20 giorni di legge prima che lo diventi davvero - è professore a Trento, ex Ds indipendente e stimatissimo in città: di nome fa Gaffeo ma non è un gaffeur. «Conosco la gravità di quel che ho fatto, è stata una decisione sofferta ma dovuta: è venuta a mancare la maggioranza eletta e ho tirato le conseguenze. Se ci saranno le condizioni di una ricomposizione sono disponibile».
La porta resta aperta, pertugio stretto ed è di lì che devono passare i cinque dissidenti con il capo cosparso di cenere. «Mai – esclama Chendi – mai cederemo a un’azione di stampo squadrista, sono il presidente provinciale del Pd e qui siamo nella terra di Giacomo Matteotti anche se sembra di essere tornati agli anni Venti. Sa cosa c’è dietro tanto squadrismo? Dove mira il sindaco? A un carcere minorile in centro città. Lui che chiama la piazza e comanda l’esilio dei dissidenti vuole portare il carcere minorile da Treviso a Rovigo, e lo vuole qui in centro a 60 metri dal Comune e a 40 metri dal tribunale. Gaffeo viene dalle banche, conosce Bankitalia, là dove c’è la vecchia sede centrale vuole un convitto per giovani delinquenti».
A Rovigo la politica è carne tremula, ben tre i sindaci terminati prima della scadenza in meno di sette anni. Il primo fu Bruno Piva (centrodestra) ed era il 2014, il secondo Massimo Bergamin (Lega) nel febbraio 2019. In entrambi i casi a staccare la spina furono gli stessi consiglieri di maggioranza, il terzo sarebbe l’attuale Edoardo Gaffeo.
C’è del buono e del nuovo a Rovigo, le cabine telefoniche pubbliche ad esempio (pulite, funzionanti e introvabili altrove), la cara vecchia nebbia (venerdì scorso era fitta) e la buona vaccinazione (qui vengono a casa a prenderti per farti il Pfizer), a Rovigo però il nuovo non è abbastanza buono e il buono non è così nuovo diceva Paganini. Anzi sa d’antico, c’è nella foga del cittadino Andrea: «Abbiamo come sindaco un gigante, poi ci sono i nani che vogliono montarci in groppa». Pulci nella criniera avrebbe detto Togliatti. «Ci siamo distratti nel 2011, non capiterà una seconda volta – ammonisce il cittadino Renzo, ex Servire il Popolo, ex alpino paracadutista – la vecchia guardia è viva e vigila».
" Margherita Balzan C’è un fotomontaggio di noi 4 donne-Giuda intorno a Letta Io sono la cicciona. E niente solidarietà dalle donne Pd