Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mantovani arriva l’omologa al concordato
Il Tribunale omologa il concordato: ai creditori 45 milioni. La società riparte con attività per 70 milioni
VENEZIA Nell’occhio del ciclone per lo scandalo Mose, la Mantovani ottiene ora l’omologa del concordato e tenta di uscire definitivamente dal lungo periodo di declino seguito allo scandalo Mose. Sul piatto ci sono 148 milioni vantati dai creditori. Su questo fronte, il piano approvato prevede di recuperarne 45, il trenta per cento. Mantovani esce così dalla lunga crisi. Il passo decisivo, ieri con l’omologa sul concordato preventivo.
Mantovani esce dalla lunga crisi. Il passo decisivo, che porta fuori dai guai l’ex colosso padovano delle costruzioni, che fa capo alla Serenissima Holding della famiglia Chiarotto, è avvenuto ieri, con la comunicazione dell’avvenuta omologa al concordato preventivo in continuità. L’ordinanza della prima sezione civile del Tribunale di Padova (Giuseppe Amenduni presidente, con i giudici Manuela Elburgo e Micol Sabino) mette l’ultimo timbro sul piano che fa rientrare in bonis la società, dopo gli anni della vicenda Mose e il tentativo del salvataggio passato attraverso l’affitto, scattato nel 2018, e la cessione del ramo cantieri a Coge, finito su un binario morto di fronte ai fondi pakistani che l’avrebbero dovuta ricapitalizzare, mai arrivati, e giunto fino al capolinea del fallimento nel settembre 2019.
Recuperato il ramo dalla casa-madre, che deteneva con i 20 dipendenti rimasti le attività di manutenzioni dell’ospedale All’Angelo di Mestre e del centro protonico di Trento, insieme alla gestione del terminal portuale di Fusina, e rifatti i piani per il concordato preventivo della Costruzioni Mantovani, a dicembre di due anni fa era stato presentato il nuovo piano in continuità (consulenti lo studio Nevoni di Padova, con gli avvocati Roberto Nevoni e Andrea Olivieri per la parte legale, e lo studio Cortellazzo&Soatto con il commercialista Gianfranco Peracin per la parte finanziaria), che ha ora ottenuto il via libera dal tribunale di Padova, dopo che i creditori chirografari l’avevano accolto con una maggioranza di oltre il 70% a valle dell’adunanza dello scorso 2 dicembre. E che conferma anche alla guida della società l’attuale management guidato dal presidente Giampaolo Chiarotto e dall’amministratore delegato Maurizio Boschiero.
In ballo ci sono oltre 148 milioni per la sola parte dei crediti chirografi, che il piano punta a restituire nei primi quattro anni di attività per il 30%, per una quota pari quindi a 45 milioni di euro, entro un piano che mobiliterà complessivamente (comprendendo spese di funzionamento e procedura, debiti prededucibili e privilegiati pagati integralmente) 113 milioni.
Archiviata la vicenda Mose, Mantovani dunque riparte da un nucleo di attività di valore intorno ai 70 milioni di euro (50 per la parte della gestione delle controllate, 20 per quella dei cantieri), che prevede di proseguire i contratti di concessione tramite le società veicolo Venice Ro-port, che gestisce il terminal di Fusina, Sifa e Tressetre, e la prosecuzione delle attività per gli sviluppi delle operazioni di finanza di progetto nei diversi stadi in cui si trovano, ovvero la Superstrada Meolo-Jesolo, il Gra di Padova, l’autostrada RagusaCatania. Continueranno inoltre le manutenzioni dell’ospedale di Mestre e del centro di terapia Protonica di Tento. La Mantovani inoltre continuerà fino ad esaurimento le commesse nel porto di Aqaba in Giordania e in Tanzania.