Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Chiesa in bilico, c’è un piano per salvarne i tesori
Belluno, mons. Marangoni: fragile come le nostre vite
BELLUNO Esiste un piano di emergenza per salvare i tesori custoditi dalla chiesa di Valle di Cadore, minacciata dagli smottamenti. Lo rivela il vescovo.
VALLE DI CADORE (BELLUNO) La chiesa di San Martino se ne resta aggrappata a quell’ultimo spuntone di roccia sulla gola del Boite. In bilico, a fatica,ormai da troppo tempo.
Intorno, regna il silenzio. Soprattutto da quando il vescovo di Belluno, Renato Marangoni, ha deciso di zittire le campane anche per il timore che le vibrazioni possano compromettere le rilevazioni di chi ora sta provando in tutti i modi a salvare l’edificio. «C’è una crepa tra la chiesa e il campanile, meglio non creare altre sollecitazioni», aggiunge il monsignore.
Marangoni è affezionato a quest’antica Pieve che sovrasta Valle di Cadore, intitolata al vescovo che guariva i lebbrosi e che per questo, nella religiosità popolare, viene associato alla sfida contro le malattie. In tempi di Covid, tanti fedeli vorrebbero entrarci e pregare, immersi tra le Dolomiti, ma l’area è off limits da quando, a febbraio, il sindaco ha emesso un’ordinanza di chiusura: l’erosione della roccia che sorregge la chiesa, ha ormai raggiunto livelli preoccupanti.
Il fenomeno dura da decenni, però la tempesta Vaia e i violenti eventi climatici che si sono abbattuti sulla zona più di recente, hanno moltiplicato gli smottamenti. «Metà dell’area rocciosa che occupa la chiesa - spiega il vescovo - è fragile. Stiamo facendo il possibile per salvare la struttura e sono felice della collaborazione con il Comune, la Provincia e la Regione. Tutti insieme puntiamo a fare delle indagini, raccogliendo i dati e monitorando il sito. Anche l’Università di Parma ha iniziato lo studio del substrato. E alla fine di tutto, trarremo le conclusioni e sapremo se ci sono gli estremi per tentare un intervento».
Non si tratta solo di mettere in sicurezza un edificio antico e affascinante, che per centinaia di anni è stato punto di riferimento per la gente di montagna. La verità è che in bilico su quello spuntone di roccia, c’è un vero e proprio tesoro. «È una chiesa incredibilmente ricca di beni culturali», conferma il vescovo.
Nelle guide turistiche si citano, ad esempio, i dipinti alle pareti realizzati da Antonio Bettio con l’Adorazione dei Magi, l’Ultima Cena e l’immagine di San Martino il povero. E poi statue e opere di Francesco da Milano, Tomaso Da Rin, alcune attribuite alla bottega vecelliana. «È sorprendente cosa c’è lì dentro - prosegue monsignor Marangoni - e per questo motivo, in accordo con la Soprintendenza, si è deciso di mettere in salvo fin da subito alcuni oggetti preziosi, a cominciare dai paramenti del Settecento, diversi arredi liturgici e vasi sacri...».
Ma ora il vescovo rivela l’esistenza di un vero e proprio piano di emergenza «che speriamo di non dover mai mettere in atto e che scatterebbe solo se la chiesa, a causa degli smottamenti, dovesse ritrovarsi in una situazione di alto rischio».
Insomma, se la fragilità del colle sopra il Boite dovesse davvero rischiare di trascinare con sé, nel baratro, l’antico edificio di montagna, è già stato studiato un ultimo intervento, da effettuarsi in extremis, per svuotare il tempio dei suoi tesori più importanti: «Se ci fosse un movimento sismico - spiega il vescovo - il piano prevede di mettere in salvo i sei preziosissimi altari in legno, un organo monumentale, le statue di legno (tra le quali una Madonna col Bambino di Giuseppe Stuflesser, ndr) e otto tele, due delle quali molto grandi».
È l’ultima mossa, pensata con la speranza di non doverla mai mettere in atto perché significherebbe che la chiesa va lasciata al suo destino.
Le istituzioni sembrano compatte nel voler individuare al più presto una via d’uscita, e il ministro Federico D’Incà nelle scorse settimane ha interessato anche l’omologo per i Beni culturali Dario Franceschini.
Nel frattempo però, resta l’immagine impressionante di quest’edificio al quale sta (letteralmente) mancando la terra che lo sostiene. «Ci vedo anche un valore simbolico - conclude il vescovo di Belluno - è la rappresentazione di un territorio bellissimo e ricchissimo ma anche esposto alle intemperie e ai rischi che derivano dall’intervento umano. Quella chiesa in bilico, rappresenta bene la fragilità delle nostre vite e di queste comunità “sospese”, costrette a fare i conti con lo spopolamento della montagna che rende incerto il loro futuro».