Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il «giallo» del cadavere trovato al di fuori del letto Le liti rumorose con la figlia
Domani l’autopsia. I vicini: spesso chiamati i militari
VENEZIA I sanitari del 118 l’hanno trovata sul pavimento della camera, supina. Il letto a contenitore era chiuso e forse bloccato, tanto che sul momento non è stato possibile riaprirlo. Ai carabinieri, arrivati poco dopo, la figlia 21enne ha però spiegato come, appena rientrata a casa, avesse scoperto il corpo della madre riverso nel vano sotto rete e materasso. Con ogni probabilità è stata proprio la ragazza, nella concitazione del primo soccorso, a spostare la donna per cercare di aiutarla, prima che arrivassero ambulanza e militari, ma per fare chiarezza sulla morte di Roberta Romano, la 55enne rimasta uccisa nel suo appartamento di Santa Marta domenica sera, servirà ancora tempo.
Al momento, il pm Laura Villan ha aperto un fascicolo contro ignoti. Le prime risposte arriveranno domani dall’autopsia, per la quale è stato incaricato il medico legale Giovanni Cecchetto: oltre alla causa della morte, si dovranno chiarire anche i lividi sul suo corpo, che potrebbero comunque essere a loro volta compatibili con l’ipotesi di un incidente domestico, ancora la più accreditata. Roberta Romano, 55 anni, era originaria di Collemeto di Galatina, nel Leccese, ma da oltre vent’anni non figura più nei registri anagrafici del suo paese natale: lo lasciò una prima volta per Roma, per poi tornarci qualche anno prima del secondo trasferimento, definitivo, a Venezia. I suoi genitori sono scomparsi ormai da tanto tempo, i suoi fratelli si sono a loro volta spostati dalla piccola ma compatta comunità. Lavorava in carcere come dipendente amministrativa, ma se ne era andata un paio di anni fa. Aveva avuto una storia di difficoltà affrontate con rassegnato ottimismo, una storia che spesso aveva bisogno di tornare a raccontare a chi aveva voglia di ascoltarla. Rimasta vedova da più di dieci anni – il compagno era un membro delle forze dell’ordine – viveva da almeno sette anni in calle dei Sechi a Santa Marta, in un condominio di edilizia popolare, assieme alla figlia e a un gatto. Ma il rapporto tra le due era difficile: non mancavano gli screzi, i litigi anche particolarmente rumorosi, anche in piena notte; in alcune occasioni lei era rimasta chiusa fuori di casa, in altre si potevano sentire rumori di piatti infranti. Spesso a riportare la calma erano state le forze dell’ordine, chiamate dai vicini o dagli esercenti della zona.
Proprio al bancone di qualche negoziante di fiducia Romano approfittava per sfogarsi, per raccontare le sue fatiche: l’amore incondizionato per la figlia, per la quale era disposta a qualsiasi sforzo e qualsiasi sacrificio (ogni acquisto, ogni spesa che faceva cercava sempre di andare in direzione dei gusti della ragazza), la mancanza del marito, i problemi di salute che le avevano ristretto la figura e l’avevano tenuta lontana dal lavoro per alcuni anni. In tempo di pandemia, di ingressi contingentati, qualcuno si era perfino lamentato di quelle chiacchiere che rallentavano la fila, ma lo faceva solo chi non conosceva la 55enne. In quei momenti di confessione, c’era anche chi notava i lividi, gli occhi neri malamente nascosti da un paio di occhiali scuri. Ieri, in calle dei Sechi, in tanti si continuavano a interrogare sulla tragedia, sul meccanismo del letto, su Roberta. Nessuno sapeva darsi risposte definitive, ma tutti abbassavano lo sguardo rendendosi conto che non avrebbero più visto la sagoma minuta della sfortunata donna.
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In negozio A volte si fermava a chiacchierare e si vedevano gli occhi con i lividi