Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Restano da vaccinare ancora 825 medici
VENEZIA L’Ordine dei medici ha chiesto alle Usl del Veneto di ottenere, appena sarà disponibile, l’elenco dei nomi dei colleghi no vax. Il tutto proprio mentre dalle aziende ospedaliere partono centinaia di lettere che «richiamano» il personale - dottori ma anche infermieri e Oss - al rispetto del decreto legge che il mese scorso ha introdotto l’obbligo di vaccinazione anti-Covid per «gli esercenti le professioni sanitarie...».
«Hanno cinque giorni di tempo per spiegare i motivi che finora li hanno spinti a non farsi inoculare il siero», spiega Samanta Grossi, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Treviso. « Se dichiareranno di non volersi vaccinare per motivi ideologici, scatterà il trasferimento a un incarico che non preveda il contatto con i pazienti oppure, se come è probabile non si riuscirà a individuare un’occupazione alternativa, saranno sospesi senza stipendio fino al 31 dicembre».
Ma quanti sono i camici novax? È presto per dirlo, ma certamente, in Veneto, sono centinaia coloro che stanno rifiutando il farmaco «senza un giustificato motivo». Basta leggere i numeri complessivi. Stando all’ultimo aggiornamento, che risale a ieri mattina, sono 6.957 i dipendenti del Servizio Sanitario Regionale ( compreso quindi il «convenzionato», mentre sono esclusi gli specialisti dell’ambito privato) non ancora immunizzati. Di questi, 825 sono medici (il 7,9 per cento del totale) e 6.132 (il 13,6 per cento) sono operatori sanitari, compresi quindi infermieri e Oss. Tanti, ma molti meno di quanti erano a febbraio, quando il 22,1 per cento dei medici e addirittura il 49 per cento degli infermieri non era vaccinato.
« Sia chiaro: nell’elenco rientrano anche tutti quelli che non si sono potuti vaccinare perché reduci dal Covid, o perché in allattamento o in terapia per malattie per le quali è sconsigliato assumere quel genere di farmaco che stimola il sistema immunitario» ricorda il Dg dell’Usl di Belluno, Maria Grazia Carraro, che proprio in queste ore attende le repliche alle lettere inviate ai suoi 370 dipendenti ancora senza siero. «Il numero reale dei no vax lo avremo solo una volta esaminate le loro risposte».
Resta la consapevolezza che in cliniche e ospedali del Veneto, in questo momento operano migliaia di persone che potrebbero trasformarsi in veicoli di diffusione del contagio. «Il 7,9 per cento dei camici bianchi non è poco» riflette Francesco Noce, presidente della Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri. «La stragrande maggioranza sono sicuro che ha un motivo valido. Non dimentichiamo che tantissimi dottori si sono ammalati, anche negli ultimi mesi, e quindi hanno già gli anticorpi e potrebbero voler rinviare il più possibile l’inoculazione per prolungare l’effetto immunizzante».
Resta l’amarezza nei confronti di chi, invece, rifiuta il siero per motivi ideologici: «Stanno tradendo il loro giuramento - assicura Noce - e dimostrano di non credere nella Scienza. Senza contare che, se scoprissimo che fanno proselitismo suggerendo ai loro pazienti di non vaccinarsi, finiranno sotto procedimento disciplinare rischiando la radiazione».
Noce, come tutti i presidenti provinciali dell’Ordine, attende che l’Usl gli trasmetta l’elenco di no-vax. «Interverremo subito - assicura - perché un medico ha il dovere morale e deontologico di vaccinarsi, per non mettere a rischio la vita dei “suoi” malati».
È lo stesso pugno di ferro che promettono di usarlo anche i rappresentanti degli infermieri. «Purtroppo ho la sensazione che siano davvero tanti i colleghi che rifiutano il farmaco per motivi ideologici», spiega le presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Treviso. «Spero di sbagliarmi ma nella mia provincia temo che raggiungeremo il 7-8 per cento. Un incredibile numero di professionisti dominati da una sconfortante ignoranza scientifica». Fosse così, sarebbe un esercito di irriducibili pronto a dare battaglia anche in tribunale. E la dottoressa Samanta Grossi ne sa qualcosa. «Ho avuto un assaggio nelle scorse settimane, quando per legge abbiamo dovuto trasmettere alla Regione l’elenco di tutti i nostri iscritti per consentire all’ente di incrociare i dati e individuare chi ancora non si è vaccinato. È bastato questo per ritrovarmi con sei diffide inviate da altrettanti infermieri».
La Dg dell’Usl di Rovigo, Patrizia Simionato, scuote la testa: «È l’unica arma per combattere questo maledetto virus, e chiunque rivesta un incarico pubblico ha il dovere di tutelare chi gli sta intorno. Per fortuna ho l’impressione di un cambio di passo: negli ultimi giorni molti dipendenti stanno chiedendo di essere vaccinati...».