Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Poles e il commento su Teso: «Il sindaco è nostro»
Processo ai casalesi, in aula le telefonate. Donadio al creditore: attento che ti apro come un porco
MESTRE «Avevano buttato giù il sindaco e l’abbiamo rimesso su... tutto a posto, il sindaco é nostro e non ce lo toglie nessuno». Graziano Poles parlava così di Graziano Teso, allora sindaco di Eraclea, condannato a novembre a 3 anni e 3 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Era il 2006 e l’imprenditore delle piscine era al telefono, intercettato, con un amico che gli chiedeva novità sulla politica della cittadina del litorale. «Mi avevano detto che c’è un po’ di malumore, di maretta - aveva detto l’interlocutore - a livello di urbanistica». Le telefonate sono state citate ieri in aula da Giuseppe Palma, poliziotto della squadra mobile che ha indagato sul clan dei casalesi di Eraclea, ora sotto processo in aula bunker a partire dal presunto capo Luciano Donadio. «Dalle conversazioni intercettate emergono rapporti amichevoli tra Poles e Teso», ha spiegato Palma. E questo emerse anche nella vicenda dell’hotel Victory, «affare» di Poles e Donadio, che per venderlo andarono a chiedere aiuto anche a Teso. E Poles, sempre al telefono, a un amico aveva detto che il sindaco era pronto a concedere un letto in più per ogni stanza o anche a trasformarlo in un appartamenti: «Il sindaco mi ha detto, tutto quello che vuoi purché vada fuori dai c...».
Sempre dalle intercettazioni citate da Palma è emerso lo scontro pesante tra Donadio e un pregiudicato verso il quale aveva un credito. Le minacce non mancano. «Cerca di non offendermi perché ti apro io se mi offendi, io sono serio... deficiente!... cerca di pesare le parole che ti faccio aprire come un porco... sta’ attento a come parli», gli aveva detto. E in un’altra conversazione captata, dove i due si parlano tramite altrettanti intermediari (Christian Sgnaolin da una parte, Antonio Pacifico dall’altra), si sente in sottofondo Donadio che dice «io devo uscire da qua dentro prima o poi... gli devo tagliare la testa», dato che era ancora agli arresti domiciliari. Palma, su richiesta dell’avvocato Antonio Forza, ha poi chiarito un episodio che ebbe clamore mediatico al momento degli arresti di due anni fa, ovvero il fatto che nel 2002 alla compagna di un direttore di banca avessero rubato la borsa con dentro la tesi di laurea e che questi si fosse rivolto a Donadio per recuperarla: non era Denis Poles, cliente di Forza, ma un altro bancario.
Nel corso dell’udienza è stato sentito anche Simone Zorzetto, figlio di quell’imprenditore Amorino che è stato prima vittima dei casalesi, poi complice, tanto da essere stato condannato in abbreviato per bancarotta. Il giovane ha raccontato di come Donadio e Raffaele Buonanno, ritenuto l’altro boss, gli hanno «preso» il bar Sugar Café. «Ci lavoravo dal 2003, da quando avevo 21 anni, facevo il barista - ha spiegato - mio papà mi disse che aveva dei debiti con Donadio e nel maggio 2009 vendemmo il suo 75 per cento. Io non ero d'accordo, ma dopo pochi mesi vendetti anche il mio 25 per cento a Buonanno». Quest’ultimo ha poi spiegato che ciò avvenne per un credito con Donadio.
Il bar
Il figlio di un imprenditore in udienza: avevamo debiti e lo cedemmo a loro
La tesi rubata
A chiedere al boss di riaverla è stato un direttore di banca, ma non Poles