Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Condannata per eversione in commissione a Padova
Bitonci e Stefani, due big della Lega, scrivono al ministro Lamorgese denunciando il ruolo da uditore in Commissione Sicurezza a Padova di Susanna Scotti, condannata per eversione 42 anni fa. E scoppia la polemica col Pd che la difende: «Pena scontata».
PADOVA Il «caso» esplode all’improvviso. E ad accendere la miccia, riesumando una vicenda già passata in giudicato risalente a 42 anni fa, sono i due deputati leghisti Massimo Bitonci e Alberto Stefani, l’uno ex sindaco di Padova e l’altro segretario regionale del Carroccio. «Sarebbe gravissimo - scrivono in un’interrogazione al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese - se Susanna Scotti ( in foto, ndr), uditore di Coalizione Civica nella Commissione Sicurezza del Comune di Padova, fosse la stessa persona condannata a sei anni e quattro mesi per associazionismo sovversivo ed eversione armata e tuttora indagata nell’ambito della commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani e sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro. Auspichiamo si tratti di un caso di omonimia. Ma se così non fosse, sarebbe vergognoso che la sinistra padovana faccia entrare in consiglio comunale persone legate a un passato che ha sparso sangue e terrore».
La vicenda, come scritto, risale a 42 anni fa, ossia al 7 aprile del 1979, quando l’allora sostituto procuratore del tribunale di Padova, Pietro Calogero, autorizza l’arresto di decine di militanti cittadini di Autonomia Operaia, seguaci del «cattivo maestro» Toni Negri, ritenendoli vicini alle Brigate Rosse e accusandoli appunto di associazione sovversiva e banda armata. E tra di loro, all’epoca 23enne, c’è anche Scotti che, nel gennaio del 1986, viene condannata a sei anni e quattro mesi di carcere. Una pena che l’allora giovane autonomista ha già scontato. Tanto che la donna ha subito ripreso a fare attività politica, restando legata ai movimenti antagonisti (e dunque a Radio Sherwood e al centro sociale Pedro) e militando prima nei Verdi e poi in Coalizione Civica. «Sì - replica Scotti - sono io una delle tante persone che, negli anni ‘70, hanno partecipato ai movimenti padovani. E come altri, ho subito e scontato la mia condanna. Mentre no, non ho mai avuto a che fare con formazioni politiche diverse, con via Fani e la vicenda Moro. Ribadito questo, la mia presenza, come uditore, in una commissione consiliare rappresenta l’espressione di un diritto costituzionale che possiedo come tutti gli altri». Ancor più lapidarie le parole del sindaco Sergio Giordani: «La signora Scotti ha saldato il suo debito con la giustizia ed è una libera cittadina con tutti i doveri e diritti che la Costituzione le consegna. E questo perché siamo in uno Stato di diritto, altrimenti saremmo nella barbarie».