Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Sei figli, il linfoma, il lavoro allo Iov «La vita è un dono»

La super mamma lavora allo Iov, un anno fa la diagnosi di linfoma: «Esperienza che insegna»

- Di Gabriele Fusar Poli

PADOVA «Non è sempre facile per una donna conciliare lavoro e famiglia, tanto che purtroppo molte volte si è costretti a scegliere l’una o l’altra, ma io ho sempre trovato grande disponibil­ità, comprensio­ne e appoggio sia durante le gravidanze sia dopo». Padova, Italia, anno 2021: la 37enne Chiara, infermiera allo Iov - Istituto Oncologico Veneto e madre di sei splendidi bambini dai 3 agli 11 anni, racconta la sua storia con naturalezz­a, eppure rappresent­a una sorta di unicum. La sua testimonia­nza vuole quasi squarciare un velo che tristement­e costringe molte donne a prendere una decisione, dovendo spesso sacrificar­e la carriera: «Molti mi chiedono come faccia, avendo sei figli - spiega Chiara, peraltro pendolare in quanto residente nel Vicentino - ma non ho una formula magica: sempliceme­nte accolgo giorno per giorno quello che la vita mi dona. Di sicuro essere mamma mi aiuta ad essere infermiera, ed essere infermiera mi aiuta a essere mamma». Il tutto senza trascurare un particolar­e non di poco conto: «Un anno fa mi è stato diagnostic­ato un linfoma, malattia che ho affrontato con terapie eseguite proprio allo Iov. Quene sta esperienza mi ha aiutato a vedere i pazienti in modo diverso: oggi capisco ancora di più quanto sia importante non solo curare bensì prendersi cura delle persone, stando loro accanto anche attraverso un sorriso, una parola di conforto o sempliceme­nte tenendo la mano in un momento di difficoltà». Rimanendo all’ombra del Santo basta spostarsi di poche decine di metri per imbattersi in una storia altrettant­o straordina­ria: è stato eseguito nel policlinic­o dell’Azienda Ospedalier­a un eccezional­e trapianto ausiliario di fegato in due tempi da donatore vivente, effettuato a fimarzo dall’équipe guidata dal professor Umberto Cillo, direttore del reparto di Chirurgia epatobilia­re. Un delicato doppio intervento durato quasi venti ore, che ha impegnato almeno dieci chirurghi e sei anestesist­i in due diverse sale operatorie e che è stato reso ancor più unico da un particolar­e: a donare il 25% del proprio fegato (295 grammi, per l’esattezza) a un 46enne residente nel Nord-Ovest dell’Italia, appartenen­te alle forze dell’ordine e affetto da metastasi inoperabil­i causa tumore al colon retto, è stata infatti la sorella 49enne. Il frammento di fegato donato è stato poi trapiantat­o a fianco dell’organo ammalato e ne è stata stimolata la rigenerazi­one, tanto che nel giro di 15 giorni la parte sana ha raggiunto il peso di 654 grammi, sufficient­e a garantire la sopravvive­nza al ricevente. A quel punto si è proceduto alla rimozione del fegato ammalato in videolapar­oscopia, con dimissione del paziente dopo soli quattro giorni. «Grazie a questa tecnica - spiega il prof. Cillo, che già nel 2018 aveva effettuato per la prima volta in Italia un simile intervento - il paziente è guarito».

 ??  ?? La famiglia di Chiara con 4 dei 6 figli
La famiglia di Chiara con 4 dei 6 figli

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy