Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mose, la fine rischia di slittare al 2022
Consorzio Venezia Nuova in tribunale per i debiti. Le imprese: così falliremo
VENEZIA Il nuovo cronoprogramma del Mose prevederebbe lo slittamento di un anno della consegna dell’opera. La nuova data è il 31 dicembre 2022, anche se nel frattempo le dighe sono state sollevate 20 volte in emergenza contro l’acqua alta. Intanto la lettera con cui il Consorzio Venezia Nuova ha proposto ai creditori un accordo del 30 per cento, inserita in una procedura ai sensi della legge fallimentare, fa paura alle imprese, che temono di fallire.
VENEZIA La lettera inviata dall’avvocato Stefano Ambrosini, per conto del commissario liquidatore Massimo Miani, alle imprese del Consorzio Venezia Nuova fa parte di un «accordo di ristrutturazione del debito» presentato al tribunale ai sensi dell’articolo 182 bis della legge fallimentare. Il legale ha infatti scritto alle aziende che per «garantire il miglior soddisfacimento dell’intero ceto creditorio e preservare il patrimonio consortile» bisogna trattare sui crediti, che ammontano a circa 70 milioni. La proposta di partenza è del 30 per cento. Le imprese sono in fibrillazione perché molte di loro non reggerebbero all’urto e rischierebbero di fallire. «Penso che la lettera del commissario liquidatore vada interpretata come l’inizio di una trattativa per chiudere i conti del passato - osserva il deputato Pd Nicola Pellicani - ma devono essere subito sbloccati dal Cipe i 538 milioni e bisogna partire con i nuovi lavori».
Gli ultimi rumors di ieri ipotizzavano una riunione preparatore del comitato interministeriale per la programmazione economica per il 20 maggio e la seduta vera e proprio per fine mese. Lì dovrebbero essere sbloccati questi soldi che derivano dai risparmi sui mutui del passato: inizialmente si pensava di darli direttamente al Cvn anche per pagare i debiti, ma poi è emerso che rischiavano di essere considerati «aiuti di Stato» e quindi verranno dati al Provveditorato solo per nuovi lavori. Su questi il Cvn avrà il suo «aggio», che però non dovrebbe superare i 4050 milioni. Per questo Miani lavora a sistemare i conti e propone la transazione: il rischio sarebbe quello di portare i libri in tribunale, ma per un fallimento. Sul piede di guerra, però, ci sono anche le parlamentari Sara Moretto (Italia Viva) e Orietta Vanin (M5s). «E’ un’offesa alle imprese che già versano in di grave difficoltà - dice la prima, che ha presentato un’interrogazione per chiedere al ministero delle Infrastrutture una “regia politica” - Il compito del liquidatore non può essere quello di far chiudere chi in questi anni ha costruito il Mose: 70 imprese e 1500 lavoratori». «I fatti dimostrano che le varie nomine di questi anni non hanno garantito gli obiettivi prefissati», aggiunge Vanin, riferendosi anche alla commissaria Elisabetta Spitz.
Sullo sfondo c’è poi l’Autorità per la laguna, inserita in uno dei decreti Covid lo scorso agosto e ancora al palo. C’è chi dice che sia perché ora al governo c’è anche quel centrodestra che a Venezia la osteggiava, ma anche chi assicura che partirà in estate. Quel che sembra certo è che la consegna del Mose finito slitterà di un anno: l’ultima deadline era per fine 2021, ma il nuovo cronoprogramma parla del 31 dicembre 2022. Nel frattempo però le dighe, su decisione di Spitz e del provveditore Cinzia Zincone, sono state sollevate 20 volte tra ottobre e febbraio per difendere Venezia dall’acqua alta.