Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Mose, la fine rischia di slittare al 2022

Consorzio Venezia Nuova in tribunale per i debiti. Le imprese: così falliremo

- Alberto Zorzi

VENEZIA Il nuovo cronoprogr­amma del Mose prevedereb­be lo slittament­o di un anno della consegna dell’opera. La nuova data è il 31 dicembre 2022, anche se nel frattempo le dighe sono state sollevate 20 volte in emergenza contro l’acqua alta. Intanto la lettera con cui il Consorzio Venezia Nuova ha proposto ai creditori un accordo del 30 per cento, inserita in una procedura ai sensi della legge fallimenta­re, fa paura alle imprese, che temono di fallire.

VENEZIA La lettera inviata dall’avvocato Stefano Ambrosini, per conto del commissari­o liquidator­e Massimo Miani, alle imprese del Consorzio Venezia Nuova fa parte di un «accordo di ristruttur­azione del debito» presentato al tribunale ai sensi dell’articolo 182 bis della legge fallimenta­re. Il legale ha infatti scritto alle aziende che per «garantire il miglior soddisfaci­mento dell’intero ceto creditorio e preservare il patrimonio consortile» bisogna trattare sui crediti, che ammontano a circa 70 milioni. La proposta di partenza è del 30 per cento. Le imprese sono in fibrillazi­one perché molte di loro non reggerebbe­ro all’urto e rischiereb­bero di fallire. «Penso che la lettera del commissari­o liquidator­e vada interpreta­ta come l’inizio di una trattativa per chiudere i conti del passato - osserva il deputato Pd Nicola Pellicani - ma devono essere subito sbloccati dal Cipe i 538 milioni e bisogna partire con i nuovi lavori».

Gli ultimi rumors di ieri ipotizzava­no una riunione preparator­e del comitato interminis­teriale per la programmaz­ione economica per il 20 maggio e la seduta vera e proprio per fine mese. Lì dovrebbero essere sbloccati questi soldi che derivano dai risparmi sui mutui del passato: inizialmen­te si pensava di darli direttamen­te al Cvn anche per pagare i debiti, ma poi è emerso che rischiavan­o di essere considerat­i «aiuti di Stato» e quindi verranno dati al Provvedito­rato solo per nuovi lavori. Su questi il Cvn avrà il suo «aggio», che però non dovrebbe superare i 4050 milioni. Per questo Miani lavora a sistemare i conti e propone la transazion­e: il rischio sarebbe quello di portare i libri in tribunale, ma per un fallimento. Sul piede di guerra, però, ci sono anche le parlamenta­ri Sara Moretto (Italia Viva) e Orietta Vanin (M5s). «E’ un’offesa alle imprese che già versano in di grave difficoltà - dice la prima, che ha presentato un’interrogaz­ione per chiedere al ministero delle Infrastrut­ture una “regia politica” - Il compito del liquidator­e non può essere quello di far chiudere chi in questi anni ha costruito il Mose: 70 imprese e 1500 lavoratori». «I fatti dimostrano che le varie nomine di questi anni non hanno garantito gli obiettivi prefissati», aggiunge Vanin, riferendos­i anche alla commissari­a Elisabetta Spitz.

Sullo sfondo c’è poi l’Autorità per la laguna, inserita in uno dei decreti Covid lo scorso agosto e ancora al palo. C’è chi dice che sia perché ora al governo c’è anche quel centrodest­ra che a Venezia la osteggiava, ma anche chi assicura che partirà in estate. Quel che sembra certo è che la consegna del Mose finito slitterà di un anno: l’ultima deadline era per fine 2021, ma il nuovo cronoprogr­amma parla del 31 dicembre 2022. Nel frattempo però le dighe, su decisione di Spitz e del provvedito­re Cinzia Zincone, sono state sollevate 20 volte tra ottobre e febbraio per difendere Venezia dall’acqua alta.

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