Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il Casinò punta a riaprire ma i dipendenti sono pochi «Un piano e poi assunzioni»
Ipotesi inizio giugno. Trenta pensionamenti in un anno
Nulla è scritto nero su bianco e questo è quello che più preoccupa i lavoratori, che tra l’altro il 12 maggio parteciperanno alla manifestazione nazionale del settore in campo San Maurizio a Venezia. Però ormai pare certo che i casinò italiani, comprese le due sedi veneziane, potranno riaprire il 2 giugno, anche se resta la grande incognita del coprifuoco: è evidente che se permane l’obbligo di rientrare a casa per le 22, un settore molto «notturno» come quello delle sale da gioco soffrirà tanto, anche se la sperimentazione dell’anno scorso di aprire i tavoli anche al mattino aveva funzionato meglio del previsto. Ma il grande paradosso è che se ora il Casinò di Venezia dovesse riaprire alle condizioni «pre-Covid», cioè entrambe le sedi di Ca’ Noghera e Ca’ Vendramin Calergi a tempo pieno, non avrebbe i dipendenti per farlo.
Un decennio fa i dipendenti sfioravano quota seicento, poi man mano si sono assottigliati. Nell’ultimo anno, complice anche il che ha portato alla cassa integrazione totale per circa 10 mesi – i tre da marzo a giugno e i sette dal 26 ottobre a oggi – con uno stipendio lordo da 1129 euro a chi era abituato a buste paga ben più pesanti, hanno spinto un’altra trentina di dipendenti ad andarsene e ora la forza lavoro sarebbe intorno alle 450 unità. Circa 270 sono gli impiegati di gioco, ma per l’apertura delle due sedi ne servirebbero 300. A mancare sono soprattutto gli addetti ai tavoli, che erano in media più anziani di quelli delle slot, la maggior parte entrati con l’apertura di Ca’ Noghera nel 1999. E’ evidente dunque che a breve, una volta che ci sarà l’attesa ripresa, sindacati e azienda potrebbero sedersi a un tavolo e cominciare a parlare di nuove assunzioni. Quelle fatte negli ultimi 10 anni si contano sulle dita di una mano. «Prima però bisogna che l’azienda faccia un piano industriale per dire che cosa vuole fare di Venezia - spiegano i sindacati - La sede sarà sempre aperta? Solo nei weekend? Solo per eventi speciali?». Un’altra delle ipotesi potrebbe essere la riqualificazione e il cambio di mansioni di una parte del personale.
Tra l’altro le stesse sigle ricordano come la casa da gioco nei pochi mesi di apertura estiva dell’anno scorso si sia dimostrata un luogo sicuro: «Ci sono i plexiglas a dividere i giocatori, gli ingressi contingentati, la registrazione di chiunque enti», spiegano. Inoltre l’azienda sta lavorando ancora per dare più sicurezza ai clienti, con dei sistemi di igienizzazione dell’aria. In questi mesi si sono portati avanti alcuni ulteriori lavori, soprattutto a Ca’ Noghera, dopo l’apertura a fine agosto della nuova sala e della terrazza, che avevano spinto il sindaco Luigi Brugnaro a ipotizzare aperture H24 della sede di terraferma. Sono state messe a posto le sale, migliorati gli arredi, fatti lavori di dipintura. Il colpo di questi mesi è stato però pesantissimo. In media la casa da gioco incassa oltre 8 milioni di euro al mese e dunque – nonostante il costo del personale, la voce più rilevante, sia stata coperta dalla cassa integrazione – mancano oltre 80 milioni di entrate.