Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Ambasciato­re di gusto nelle corti europee»

Malachin: «Mito e anima della nostra terra. E lo raccontere­mo anche con il teatro»

- Ma. Pi

Canova e Treviso: una relazione tanto profonda quanto inedita. «Nato trevigiano», a Possagno, è a Treviso che si diffuse il suo mito e la riscoperta critica della sua opera. Già a partire dalla leggenda del bambino prodigio che, in casa Falier ad Asolo, inventò su due piedi una scultura a forma di leone da un pezzo di burro durante un banchetto, leggenda iniziata a circolare a Treviso nel 1803. Treviso fu prima nelle celebrazio­ni dopo la morte: nel 1823 commission­ò la realizzazi­one di un busto a Luigi Zandomeneg­hi e un componimen­to musicale a Gioachino Rossini. E ancora: Luigi Coletti nel 1957, secondo centenario della nascita, organizzò l’unica mostra in Italia a indagare criticamen­te tutta l’opera dello scultore.

Sessantaci­nque anni dopo il ruolo di curatore tocca a Fabrizio Malachin, che ha deciso di consacrare Canova come «gloria trevigiana».

«Non è campanilis­mo, ma una rivendicaz­ione di appartenen­za che spesso si dimentica. Canova è un ambasciato­re del nuovo gusto, ultimo grande artista della Serenissim­a e primo moderno. Ma noi vogliamo ricordarlo per i suoi capolavori nelle corti europee, ma soprattutt­o per la sua trevigiani­tà. Come il Prosecco è emblema della nostra enogastron­omia oggi, Canova è l’anima artistica della nostra terra che con la scultura si faceva amare in tutto il mondo».

Gli spazi espositivi a Treviso hanno sempre avuto un «buco» nella narrazione della prima metà dell’Ottocento. Santa Caterina si ferma a fine

‘700, il Bailo oscilla a cavallo tra ‘800 e ‘900. Che ruolo ha la mostra in questo contesto?

«Paradossal­mente avevamo una raccolta di opere di valore assoluto e pochissimo conosciuta e valorizzat­a. Abbiamo tirato fuori la collezione dai depositi e l’abbiamo contestual­izzata nel fulgore della traiettori­a artistica di Canova. È il nostro modo di raccontare la fine della Repubblica Veneziana e l’inizio dell’avventura romantica».

Mettendo in mostra le opere museali, poi, si valorizza anche il territorio. Che indotto potrà avere la mostra?

«Sarà un evento dai grandi numeri: oltre 150 opere esposte, 1.200 metri quadri di allestimen­ti, due installazi­oni multimedia­li, due cataloghi, e poi opere inedite di scultura, pittura, una sezione fotografic­a. Una mostra di questo livello costa in termini di studio, investimen­to ed energie, ma è grande perché avvia un circolo virtuoso che può continuare dopo il finissage: chiunque potrà ritornare qui a vedere Canova nella sua terra, e la mostra accende un faro».

C’’è anche il coinvolgim­ento di un target più popolare. Come farete?

«Non metteremo in mostra solo foto o incisioni, ci saranno anche musica e performanc­e teatrali. Ma abbiamo creato anche una stanza multimedia­le, con dei video immersivi che raccontano gli affreschi dei palazzi trevigiani. E pensato anche ad un corner per i bambini, con un originale cartoon animato. Canova era trevigiano, come noi. E lo faremo amare anche così».

"Un evento dai grandi numeri fra scultura e pittura

"Vedremo opere di alto valore ma poco conosciute

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Il ritratto Antonio Canova, 1805 circa

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