Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’ultimo abbraccio ad Antonio Spadaccino
Ieri il funerale del caporedattore del Corriere del Veneto. Nella bara la sciarpa della Juve
VERONA Semplicità e, quanto alle parole, quelle necessarie e non oltre. Il funerale di Antonio Spadaccino, è stato lo specchio del «nostro Spada», che del Corriere del Veneto è stato fondatore e sostegno portante, prima che capo redattore.
Nella chiesa di Sant’Antonio, in piazza Chievo, i circa cinquecento, che si sono ritrovati fra le pareti evangeliche e floreali e sotto il grande albero che regala ombra al sagrato, hanno abbracciato per l’ultima volta un caro amico e tanti altri amici: della famiglia del giornalismo e non solo, perché tanti ha sfiorato e da tanti è stato sfiorato Antonio in vita. All’ingresso della piccola chiesa del quartiere di Verona che ha nella diga sull’Adige il simbolo, la foto di «Spada», del suo sorriso, ha dato corpo al ricordo davvero comune: la risata buona e rotonda, che mai mancava quand’era il momento. Al resto ha pensato la figlia. Quella di Camilla è stata l’unica voce alla cerimonia. Ha ricordato come il padre se ne sia andato «in pace e circondato dall’affetto dei propri cari» e come Antonio, dentro la malattia che gli ha rubato la vita, abbia «conservato intera la propria dignità»; male e dolore non sono riusciti «a togliergli la voglia di vivere». L’ultima parola di Camilla - che in viso, negli occhi, reca dipinta l’impronta paterna - è stata un grazie: «A tutti, per l’affetto dimostrato» in giorni segnati dalla perdita: un altra prova del bello e del buono che il padre ha regalato in vita.
Al termine della cerimonia l’abbraccio a Camilla, ai fratelli Michele e Guido, alla sorella Betty che lo ha ospitato negli ultimi mesi, alla prima moglie Beatrice, alla compagna di Antonio, Silvia. Nella bara di legno chiaro, la sciarpa della Juve.
Ciao Antonio: manchi e mancherai. (r.p.)