Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Lo sfregio al Redentore identificati i tre vandali Ma infuria la polemica sulla pulizia «sbagliata»
Miracco: chi ha deciso questo intervento disastroso?
VENEZIA «Siamo ottimisti, ormai è solo questione di ore». Il comandante Marco Agostini, della polizia locale veneziana, non si sbilancia troppo prima dell’affondo finale, ma è evidente che per i vandali della chiesa del Redentore non ci sia più possibilità di sfuggire alla denuncia.
La facciata, un capolavoro palladiano che guarda Venezia dall’isola della Giudecca, era stata imbrattata nella notte tra domenica e lunedì, al mattino è scattato l’allarme e anche la caccia all’uomo per identificare il responsabile, nell’indignazione generale che aveva fatto alzare la voce a tutti, dal sindaco Luigi Brugnaro al governatore Luca Zaia.
In realtà, nelle stesse ore, anche un’altra chiesa della città storica si è vista i muri esterni rovinati da un graticolo di graffiti, ma quello che si è presentato ai frati del Redentore era un murale piuttosto particolare: i vandali hanno scelto come tela un rettangolo che corrisponde alla base della statua di destra e, anche se poi avrebbero usato un tratto nero, hanno coperto il bianco della pietra d’Istria con una spessa mano di rosso, quasi a fare da fondo; poi sopra ci hanno tracciato una serie di segni che quasi scimmiottavano una formula matematica, un’equazione, ma i cui elementi erano in gran parte scarabocchi (lunedì, a Venezia, provare a identificare l’aritmetica dietro lo sfregio è stata la curiosità di molti, ma il verdetto unanime è che quella pseudo-espressione non significasse nulla e non assomigliasse a nulla).
La laguna comunque è terra di telecamere, private ma soprattutto comunali, quindi non è stato difficile riconoscere le sagome dei colpevoli, che nelle immagini della videosorveglianza sono in tre, appaiono davanti alla chiesa tra le 3.15 e le 3.45. La rete di occhi elettronici consente alla polizia locale di seguirne i movimenti anche poi, e a ritroso anche prima, ed è così che i vigili stanno chiudendo il cerchio attorno al gruppetto, che sarebbe composto da un veneziano, uno straniero che lavora e vive in città e un altoatesino con ambizioni da artista; restano da chiarire le diverse responsabilità, visto che gli autori materiali potrebbero essere solo due, con il terzo a fare da complice e spettatore.
Sicura è la denuncia per danneggiamento aggravato, ma sarà anche appesantita da tutte le multe e le sanzioni previste nel regolamento di polizia urbana comunale, che non si risparmia né sugli importi amministrativi, né sui divieti al ripresentarsi in città (e infatti Venezia negli ultimi anni è schizzata in cima alle classifiche per emissione di Daspo urbani). Intanto, alla Giudecca, l’intervento di «primo soccorso» sulla pietra d’Istria sembra essere stato quasi più dannoso dell’atto vandalico: nel tentativo di alleggerire il problema, forse nella convinzione che, come per i tessuti, meglio fare qualcosa subito piuttosto che lasciare a seccare, un volontario si è dato da fare già lunedì pomeriggio con secchio e raschietto.
Peccato però che intervenire con l’acqua sia deleterio, dato che il liquido invece di lavare via la vernice ne favorisce l’assorbimento nel marmo, che di per sé invece resisterebbe piuttosto bene, specie se di elevata qualità come quello veneziano.
Gli esperti spiegano che, in questi casi, bisogna intervenire con un gel che spezzi il legame superficiale tra la vernice e la pietra, poi si procede a una rimozione «meccanica», grattando via tutto a secco. «Gli aloni rosa che già si riconoscono in alcuni punti del marmo raccontano chiaramente il tentativo di sciacquare via tutto», ha commentato ieri il restauratore Guido Jaccarino di Unisve Srl.
Non è stato neppure l’unico a criticare il solerte ma poco attento tentativo. Online, Franco Miracco - lo storico dell’arte ed ex consigliere del ministero dei Beni culturali sotto Giancarlo Galan - ha contestato con ferocia le gestione della vicenda, puntando il dito contro tutte le autorità, dalla Curia alla Soprintendenza, passando per il sindaco e senza risparmiare neppure il prefetto Vittorio Zappalorto; in particolare Miracco ricorda a Brugnaro, «laureato Iuav», che «proprio allo Iuav c’è il comitato scientifico del laboratorio di analisi dei materiali antichi. Basterebbe una telefonata».