Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Finint-Gajo in tandem tra le imprese «Alleanze per aumentarne la taglia»
Ritorno a Conegliano: «Le aziende hanno di fronte anni complicati»
VENEZIA Una mossa, si potrebbe riassumere, per aumentare la taglia delle imprese a Nordest? «Sì. Abbiamo davanti dieci anni di grandi cambiamenti. Dobbiamo attrezzarci». Gianni Gajo, fondatore e presidente onorario di Alcedo, la sgr per eccellenza del private equity a Nordest, parte da qui, per spiegare l’ultima mossa di una lunga carriera, annunciata ieri. Il ritorno al fianco di Banca Finint, gruppo che aveva contributo a far nascere e di cui era stato presidente, con un ruolo di superconsulente nei rapporti con le imprese. «È una persona che conosce il nostro sistema imprenditoriale come pochi e che ha a cuore quanto noi il futuro del territorio e lo sviluppo delle sue imprese», dice il presidente di Banca Finint, Enrico Marchi.
E Gajo? «In questi ultimi anni, oltre Alcedo, ho cercato di costruire relazioni con altre realtà d’eccellenza nei servizi alle imprese, per avere le soluzioni ai problemi che mi ponevano gli imprenditori a Nordest. Il rapporto con Banca Finint, di cui sono stato tra i fondatori nel 1986, è quello più strutturato».
Motivo?
«Ho grande considerazione per Marchi: ha creato una realtà con quasi 400 specialisti in tutte le aree della finanza e un vertice di valore, guidato da un manager come Fabio Innocenzi. A Conegliano hanno competenze anche negli snodi critici che per me caratterizzeranno il futuro delle imprese: ristrutturazione finanziaria, aggregazioni e finanza straordinaria».
Banca Finint è stata di recente regista del salvataggio di Ceramica Dolomite.
«Operazione da manuale, visti anche gli imprenditori che ha messo insieme, per recuperare il valore di un’azienda storica. Ma ce ne sono tanti di casi così. Come di aziende che vanno bene e che chiedono di esser affiancate per crescere. Perché c’è un dato».
E sarebbe?
«Io resto moderatamente ottimista sull’impresa a Nordest: abbiamo attraversato tanti momenti difficili, dalla crisi del 2008, e ne sono emerse signore aziende. Ma i prossimi 5-10 anni saranno molto complicati. Il Covid ci sta lasciando, e si spera che così sarà presto anche per la guerra.
Ma resteranno i problemi colossali di come produrre e distribuire in modo nuovo. Bello parlare di digitalizzazione e sostenibilità; farlo è più complicato. Ci sarà da riconvertire un intero comparto industriale rispetto a sistemi produttivi, distributivi e di consumo. Non parliamo di questioni futuribili: vanno fatte nei prossimi 510 anni. E noi abbiamo per le imprese il solito problema». La dimensione?
«A Nordest è troppo piccola. Serve un processo di aggregazione, che però fatica a marciare da solo. Realtà come Banca Finint lo possono rendere molto più scorrevole».
Ma perché questa alleanza è nata adesso, visto che vi conoscete da anni?
«Un po’ perché con Marchi e Innocenzi ci siamo visti spesso ultimamente e ci siamo trovati in sintonia. E poi per questioni tecniche, perché è decisivo avere alle spalle una banca sul territorio, con collegamenti internazionali e grandi capacità sulle operazioni finanziarie. Io a loro posso esser utile per la facilità di muovermi nel mondo imprenditoriale a Nordest, che frequento da cinquant’anni».
Primo obiettivo: le operazioni straordinarie.
«Penso alle aziende che vanno bene, ma guardano al futuro e capiscono che devono trasformarsi, esser pronte per la normalità che avremo tra 5-10 anni. A loro metto di fronte la questione dimensioni, da costruire con le alleanze. Anche con i concorrenti».
Una cosa indicata proprio per il Nordest...
«Certo, facile a dirsi, meno a farsi, in una terra in cui tutti sono padroni a casa loro. Ma il futuro è guardare al concorrente oltre la porta di casa non come a un nemico, ma come potenziale alleato. Per rafforzarsi su prodotti, ricerca e distribuzione. Se ne parla da tanto, ma si è chiuso abbastanza poco. Nei prossimi dieci anni bisogna fare molto, molto di più».