Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’uomo senza nome e i suoi ultimi giorni in Trentino
TRENTO L’hanno trovato fra gli alberi e il fiume. Chissà da quanto tempo quell’uomo era lì. O da quanto tempo viveva lì, a poco meno di un chilometro dal centro abitato. Sicuramente l’aveva scelto, quel luogo, non si finisce per caso nei boschi di Molina di Fiemme, in Trentino. Dove gli umani sono pochi e la natura si impadronisce di tutto. È morto da solo, d’inedia, dopo giorni di digiuno, al freddo, al buio, senza che nessuno sapesse il suo nome: niente documenti, nulla che possa ricondurre alla sua identità. Di lui si sa ciò che rimane, nel silenzio: tre tatuaggi con caratteri runici sulle braccia, che raccontano uno spirito libero e combattente; un rifugio rudimentale costruito con teli e tronchi per proteggerlo dalla notte e dalle intemperie,dove conservava un giaccone rosso, uno spazzolino e del sapone; il calendario dei suoi ultimi mesi di solitudine, un diario iniziato il 30 luglio 2021, e che viene ricondotto ai riti di digiuno di epoca celtica, correlato a un percorso di purificazione dell’anima. L’ultima annotazione porta la data del 4 ottobre: «Crematemi». Potrebbe essere quello, il suo ultimo giorno di vita. L’autopsia fa risalire la morte due, tre mesi prima del ritrovamento avvenuto il 2 maggio, ma il gelo dell’inverno potrebbe aver influito sullo stato di decomposizione di quel corpo senza identità.
Sul finire dell’estate scorsa, un passante lo aveva incrociato sulla passeggiata che costeggia il paese, accanto alle panchine dove si fermano i turisti durante le camminate. Ha detto ai carabinieri di Cavalese di aver parlato con lui: era un uomo alto, robusto, fra i 30 e i 40 anni, con barba e capelli lunghi, leggermente stempiato ma pulito, cordiale ed educato. Con un leggero accento veneto: raccontava delle differenze fra le montagne trentine e i Colli Euganei, da cui diceva di venire. E forse quel passante
Di origini padovane Aveva raccontato a un passante di essere arrivato a Fiemme dai Colli Euganei
è l’ultima persona con cui ha parlato.
Le somiglianze con il film «Into the wild» sono così tante che è inevitabile tracciare il parallelo fra lo sconosciuto morto a Fiemmes e Chris, il protagonista. Era la storia di un giovane studente americano che, nel 1990, aveva scelto di abbandonare la società consumista e capitalista in cui viveva, viaggiando per due anni su un furgone diventato una casa su quattro ruote. Leggeva, pensava, scriveva. Si accontentava di quello che c’era, si cibava di quello che gli offriva la natura in cui si fermava. È morto a causa di una bacca raccolta mentre, affamato, cercava del cibo: apparentemente innocua ma velenosa. Un ragazzo morto da solo, nei suoi boschi, «nella natura selvaggia».
Chissà se anche lo sconosciuto padovano trovato senza vita vicino al rio di Cadino avesse fatto quella scelta. Di lui non si ricorda nessun altro in paese. I carabinieri di Cavalese stanno cercando di scoprire qualcosa di più di lui e della dinamica che l’ha condotto alla morte. Il comandante dei carabinieri, Enzo Molinari, ha lanciato un appello attraverso la trasmissione «Chi l’ha visto»: «Chiediamo l’aiuto dei cittadini. Ogni elemento, anche il più piccolo, può essere importante in questa indagine».