Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Giro, è una storia d’amore

La Corsa rosa torna lungo le strade del Veneto, la «culla» delle due ruote tra praticanti, profession­isti e aziende leader del settore. Un rapporto sempre strettissi­mo e intenso che culminerà nel gran finale

- di Daniele Rea

Alla bicicletta bisogna voler bene. Se lo merita tutto il cavallo d’acciaio, che ha accompagna­to fedelmente donne e uomini prima, durante e dopo il secolo breve. Cambiando faccia e anche attitudini, ma sempre compagna inseparabi­le di tante occasioni.

La bici ci ha portato al lavoro, in ufficio, in fabbrica, sui cantieri. In bici sono state consegnate tonnellate di pane fresco, ettolitri di latte, cartoline, telegrammi, lettere, raccomanda­te, espressi. Ci hanno pedalato levatrici, metronotte, operai, guardie e ladri. È stato il mezzo su cui si sono mossi portaordin­i e bersaglier­i nella Grande Guerra. E poi via via, lungo gli anni, fino a diventare come è adesso uno strumento per il tempo libero, per fare sport, anche per distinguer­si. La bici a scatto fisso dice che sei alla moda, un po’ come a metà Ottocento lo erano i primi possessori dei primissimi velocipedi dalla enorme ruota anteriore (la trasmissio­ne dal mozzo posteriore alla moltiplica mediante catena sarebbe arrivata un bel po’ dopo). E poi, per forza, c’è l’aspetto sportivo. Che è quello centrale e sotto tutti i riflettori quando arriva il Giro d’Italia. Che è davvero «d’Italia», nel senso più semplice del termine. È «d’Italia» non solo perché attraversa la penisola ma perché il Paese lo sente proprio ed è una delle poche, pochissime cose, su cui non ci si divide per forza.

Perché il Giro è una piccola, grande magia che si perpetua di anno in anno, di edizione in edizione, sempre uguale ma anche sempre diverso. E non c’è nulla da fare, ti attira come una calamita. Ti dice che è quasi estate, ti apre a nuovi orizzonti, ti viene a prendere a casa e ti fa uscire, fosse anche solo per cinque minuti davanti alla porta o per ore e ore di attesa sui passi dolomitici e alpini. Piace, e piace tanto. Forse perché, a ben vedere, è uno specchio della vita di tutti e di tutti i giorni, perché tutti, ma davvero tutti, per arrivare al traguardo devono fare la stessa strada. La stessa strada, con le medesime difficoltà. E l’ultimo, spesso, ha fatto più fatica del primo e qui, forse, sta una differenza forte con la vita di ogni giorno, volendo trovare uno spunto di riflession­e diverso. L’ultimo non viene abbandonat­o, perché l’appassiona­to sarà lì, a incitarlo come ha fatto per il primo. E, magari, la spinta lungo la salita sarà tutta per lui, ché il primo e i primi non ne hanno certo bisogno. Il Giro adesso arriva in una delle sue culle, dopodomani si entra e si arriva in Veneto. Una culla sui pedali, con tantissimi che nel corso di oltre cento anni hanno trovato, con la bici, un modo di uscire da una vita già segnata in partenza. E a volte segnata male. Tantissimi, forse con pochi campioni e tanti onestissim­i pedalatori, ma va bene così. Mai rinnegare il proprio essere. Una culla sui pedali ma un culla anche in azienda. Perché il Veneto è il cuore del lavoro e della progettazi­one legata alla bici: telai, componenti­stica, selle, ruote, abbigliame­nto tecnico, scarpette. Tutto.

Treviso, le Dolomiti con la Marmolada, l’Arena. Il gran finale è questo, gli ultimi giri di valzer sono su queste strade. Dalle ruote veloci ai grimpeur, fino ai big della classifica, ci sarà spazio per tutti. Per vincere, sognare e far sognare. Il segreto, forse, sta qui.

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La folla, il podio, l’esplosione di coriandoli rigorosame­nte rosa alla fine di una delle tappe
Rosa La folla, il podio, l’esplosione di coriandoli rigorosame­nte rosa alla fine di una delle tappe

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