Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Le lancette per il gran finale Quinta sinfonia in Arena

La corsa termina ancora nella cornice unica dell’anfiteatro romano Prima volta nel 1981 con Battaglin, l’ultima tre anni fa con Carapaz

- Lorenzo Fabiano

Quinta sinfonia, musica maestro! L’Arena si tinge di rosa e per la quinta volta abbraccia il Giro d’Italia per il suo atto finale.

L’idea venne a quel geniaccio di Vincenzo Torriani oltre quarant’anni fa, allorché disegnò il Giro del 1981 con il gran finale in Arena, una cronometro di 42 chilometri da Soave a Verona, roba per specialist­i delle lancette. In un epilogo avvincente Giovanni Battaglin vinse il Giro per 38” sullo svedese Tommy Prim e 50” su Beppe Saronni. Non era uno specialist­a il vicentino di Marostica, ma a spingerlo aveva la maglia rosa sulle spalle e la gente tutta per lui. Così, in quaranta giorni, infilò quella doppietta Vuelta e Giro, che prima di lui era riuscita solo al più forte di tutti, Eddy Merckx nel 1973. Primo ciclista veneto a vincere il Giro. Tre anni dopo, in Arena il romanzo della corsa rosa scrisse una pagina epica, il duello tra Francesco Moser e Laurent Fignon, «Lo Sceriffo» e «Il Professore». Il percorso sempre lo stesso, 42 km da mulinare a tutta da Soave a Verona. Una marcia trionfale dell’Aida per il trentino, che una decina di giorni prima del suo trentatree­simo compleanno coronò la sua carriera con quella maglia rosa che pareva essere stregata per un corridore come lui che soffriva le salite.

Una giornata memorabile, di quelle che i padri raccontano ai figli; Moser quell’anno riscrisse in pratica la sua carriera aggiungend­ovi tre paragrafi di un capitolo: record dell’ora a Città del Messico, Milano-Sanremo e Giro d’Italia. Poi un lungo distacco, fino al 2010 quando l’Arena celebrò Ivan Basso: il percorso era tuttavia cambiato, non più una lunga cronometro di 42 km da Soave a Verona, ma una crono di 17 chilometri tutta in città, con nel mezzo lo scolliname­nto sulle Torricelle, salendo da Borgo Venezia e scendendo da via dei Colli, strada affrontata in salita sia al mondiale del 1999 che del 2004: il varesino, che aveva strappato la maglia rosa allo spagnolo Arroyo nella tappa del Mortirolo, la portò fino in Arena per il suo secondo trionfo al Giro. Stesso percorso e stessa musica, ma straniero il tenore, nel 2019 quando fu Richard Carapaz a prendersi l’ovazione dell’Arena. L’ecuadorian­o si presentò all’ultimo atto con quasi due minuti di vantaggio su Vincenzo Nibali e ne lasciò per strada quasi uno. Non abbastanza da sfilarsi la maglia rosa; fu così il secondo sudamerica­no a timbrare la vittoria nella classifica generale dopo Nairo Quintana nel 2014. E domenica in Arena si suona la quinta sinfonia rosa, ma quanto accadde tre anni fa sarà bene non sottovalut­arlo: dovesse essere la classifica in bilico, e nel ciclismo attuale è tutt’altro che un’ipotesi campata in aria, ecco che la salita delle Torricelle, 4.5 km di salita al 5% ma a insidiosi «scalini», potrebbe rivelarsi decisiva e, quindi, diventare l’ago della bilancia nel duello tra gli uomini di classifica.

La crono, di 17.4 km, ricalca in gran parte il percorso del 2010 e 2019: partenza dalla Fiera e prima parte su larghi rettilinei; poi la salita alla Torricella Massimilia­na e quindi quattro km di discesa; ultimi tre km lungo le vie cittadine con alcune curve secche ad angolo retto, da prendere con le molle. Crono finale in Piazza Bra e passerella in Arena a ricevere l’abbraccio del Popolo Rosa. Il primo «girino» partirà alle 11, la maglia rosa è attesa in Arena poco dopo le 17: Verona celebra il suo Giro, amore infinito nella città dell’amore. Bello così.

Il punto chiave Meno di 17,5 km con lo strappo della Torricella Massimilia­na a fare la differenza all’arrivo

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L’ultimo arrivo Richard Carapaz vincitore della corsa in Arena nel 2019, subito dopo aver chiuso la crono finale

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