Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Più valore nei settori «ricchi» Così l’Emilia supera il Veneto
Studio Cgia per Manageritalia: tra auto e farmaceutica scarti tra il 30 e il 50 per cento
VENEZIA L’Emilia che sopravanza il Veneto? La chiave sta nel maggior valore aggiunto della manifattura, specie nei comparti più ricchi e avanzati. Entro un sistema industriale per certi versi un passo avanti, in cui non stupiscono corollari, come l’avere in Veneto meno manager nelle aziende. I dati li ha messi in fila la Cgia di Mestre, in una ricerca per l’assemblea di Manageritalia Veneto, l’associazione dei dirigenti delle aziende del commercio e servizi, giovedì sera a Montecchio Maggiore, nel Vicentino. «I dati parlano chiaro - ha sintetizzato il presidente, Lucio Fochesato - e dicono che dobbiamo recuperare produttività nell’industria e nei servizi, per guardare avanti con fiducia. Anche aumentando i manager nelle nostre imprese».
Dunque la ricerca crea un quadro in chiaroscuro, in cui il Veneto dà l’impressione di trovarsi un passo indietro rispetto ai vicini d’oltre Po. Così, nel 2019, se il Veneto è ancora sotto il Pil di 12 anni prima, del 2007 di prima della crisi finanziaria, l’Emilia Romagna l’ha già superato (+0,2%), i consumi nello stesso periodo sono saliti dell’1% contro il 3%, e la crescita dell’export tra 2007 e 2019 in Veneto è del 14,8%, in Emilia Romagna del 28%, un passo doppio che rende visibile lo scarto accumulatosi a forza di zero virgola in più di anno in anno.
L’aspetto positivo è che sul fronte ripresa il Veneto è allineato sulle previsioni di crescita di Pil (oltre il 2% quest’anno e il 2,8% il prossimo), investimenti (+6,5% nel 2022) ed export (oltre il 3% nel 2022), mostrando capacità reattiva.
Il nodo però è nei dati strutturali. Così, sul valore aggiunto 2019 il Veneto è davanti ai vicini, 148,8 miliardi di euro in valore assoluto contro 145,7 (ma con 400 mila abitanti in più), e ciò vale sia per la manifattura (38,1 miliardi contro 36,8), che per il commercio (18 contro 16). Ma la prospettiva cambia, nel valore aggiunto per addetto. Il Veneto è sotto di 9 mila euro (69.320 euro contro 78.521), mentre resta avanti su trasporti e magazzinaggio (75,5 contro 69 mila), commercio (54 contro 52), costruzioni (49,8 contro 47), hotel e ristorazione (39,5 contro 36,7).
Lo scarto nella manifattura è visibile per settori. Il Veneto è indietro in quelli a più alto valore aggiunto (vedi grafico): -30% nella chimica-farmaceutica e quasi -50% nell’auto (ovvio, si dirà, visto il livello della motorvalley emiliana, da Ferrari in giù: resta che lì c’è e qui no); ma anche -8% nella gomma-plastica e -3% nell’elettronica e alimentare. Il Veneto è davanti invece nell’abbigliamento-pelle e nel legno; dove però i valori aggiunti calano.
Poi altri due flash di rilievo. Il primo, sui manager: dirigenti e quadri nelle aziende venete sono il 3% del totale dipendenti, meno del 3,9% medio italiano e del 3,7% in Emilia Romagna. Il secondo aspetto è sulla demografia. Se dal 2015 la popolazione in Italia cala, il Veneto rispetta lo schema, con 51 mila abitanti persi, -1%, mentre il dato è stabile in Emilia Romagna, dove il calo è solo di 425 abitanti. «Il dato deve far riflettere: nasconde probabilmente un calo di attrattività», avverte Cgia. Anche perché la discesa è più marcata tra i giovani: il Veneto perde nella fascia 25-44 anni il 17% della popolazione contro il 14,6% in Emilia Romagna (220 mila contro 171 mila) e il 5,6% degli Under 25 contro lo 0,4% (65 mila contro 4 mila): «Il dato condizionerà il mercato del lavoro del futuro», dice Cgia.
«Il punto è che le specializzazioni emiliano-romagnole sono rilevanti in questi primi decenni del secolo - commen
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Fochesato Dobbiamo recuperare produttività anche inserendo più dirigenti
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Mosconi A sud del Po più presenti in ambiti decisivi in questi anni
ta Franco Mosconi, docente di economia industriale all’università di Parma, conoscitore dei mondi manifatturieri a cavallo tra le due regioni -. Hanno a che fare con le due principali traiettorie tecnologiche (scienze delle vita e Ict/Industry 4.0), dove si concentrano attività di ricerca e sviluppo e innovazione; attività che hanno bisogno di capitale umano qualificato». Con un secondo fattore, per Mosconi: «Lì la domanda sui mercati mondiali è
sostenuta e l’Emilia Romagna vi si può inserire in posizione di forza (non a caso, è la regione italiana col record di export pro-capite)». Ma attenzione a non farsi prendere troppo dall’ansia: «Parliamo in entrambi i casi di due regioni evolute, fondamentali per l’economia italiana e l’ancoraggio del Paese ai mercati globali».