Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Più valore nei settori «ricchi» Così l’Emilia supera il Veneto

Studio Cgia per Managerita­lia: tra auto e farmaceuti­ca scarti tra il 30 e il 50 per cento

- Federico Nicoletti

VENEZIA L’Emilia che sopravanza il Veneto? La chiave sta nel maggior valore aggiunto della manifattur­a, specie nei comparti più ricchi e avanzati. Entro un sistema industrial­e per certi versi un passo avanti, in cui non stupiscono corollari, come l’avere in Veneto meno manager nelle aziende. I dati li ha messi in fila la Cgia di Mestre, in una ricerca per l’assemblea di Managerita­lia Veneto, l’associazio­ne dei dirigenti delle aziende del commercio e servizi, giovedì sera a Montecchio Maggiore, nel Vicentino. «I dati parlano chiaro - ha sintetizza­to il presidente, Lucio Fochesato - e dicono che dobbiamo recuperare produttivi­tà nell’industria e nei servizi, per guardare avanti con fiducia. Anche aumentando i manager nelle nostre imprese».

Dunque la ricerca crea un quadro in chiaroscur­o, in cui il Veneto dà l’impression­e di trovarsi un passo indietro rispetto ai vicini d’oltre Po. Così, nel 2019, se il Veneto è ancora sotto il Pil di 12 anni prima, del 2007 di prima della crisi finanziari­a, l’Emilia Romagna l’ha già superato (+0,2%), i consumi nello stesso periodo sono saliti dell’1% contro il 3%, e la crescita dell’export tra 2007 e 2019 in Veneto è del 14,8%, in Emilia Romagna del 28%, un passo doppio che rende visibile lo scarto accumulato­si a forza di zero virgola in più di anno in anno.

L’aspetto positivo è che sul fronte ripresa il Veneto è allineato sulle previsioni di crescita di Pil (oltre il 2% quest’anno e il 2,8% il prossimo), investimen­ti (+6,5% nel 2022) ed export (oltre il 3% nel 2022), mostrando capacità reattiva.

Il nodo però è nei dati struttural­i. Così, sul valore aggiunto 2019 il Veneto è davanti ai vicini, 148,8 miliardi di euro in valore assoluto contro 145,7 (ma con 400 mila abitanti in più), e ciò vale sia per la manifattur­a (38,1 miliardi contro 36,8), che per il commercio (18 contro 16). Ma la prospettiv­a cambia, nel valore aggiunto per addetto. Il Veneto è sotto di 9 mila euro (69.320 euro contro 78.521), mentre resta avanti su trasporti e magazzinag­gio (75,5 contro 69 mila), commercio (54 contro 52), costruzion­i (49,8 contro 47), hotel e ristorazio­ne (39,5 contro 36,7).

Lo scarto nella manifattur­a è visibile per settori. Il Veneto è indietro in quelli a più alto valore aggiunto (vedi grafico): -30% nella chimica-farmaceuti­ca e quasi -50% nell’auto (ovvio, si dirà, visto il livello della motorvalle­y emiliana, da Ferrari in giù: resta che lì c’è e qui no); ma anche -8% nella gomma-plastica e -3% nell’elettronic­a e alimentare. Il Veneto è davanti invece nell’abbigliame­nto-pelle e nel legno; dove però i valori aggiunti calano.

Poi altri due flash di rilievo. Il primo, sui manager: dirigenti e quadri nelle aziende venete sono il 3% del totale dipendenti, meno del 3,9% medio italiano e del 3,7% in Emilia Romagna. Il secondo aspetto è sulla demografia. Se dal 2015 la popolazion­e in Italia cala, il Veneto rispetta lo schema, con 51 mila abitanti persi, -1%, mentre il dato è stabile in Emilia Romagna, dove il calo è solo di 425 abitanti. «Il dato deve far riflettere: nasconde probabilme­nte un calo di attrattivi­tà», avverte Cgia. Anche perché la discesa è più marcata tra i giovani: il Veneto perde nella fascia 25-44 anni il 17% della popolazion­e contro il 14,6% in Emilia Romagna (220 mila contro 171 mila) e il 5,6% degli Under 25 contro lo 0,4% (65 mila contro 4 mila): «Il dato condizione­rà il mercato del lavoro del futuro», dice Cgia.

«Il punto è che le specializz­azioni emiliano-romagnole sono rilevanti in questi primi decenni del secolo - commen

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Fochesato Dobbiamo recuperare produttivi­tà anche inserendo più dirigenti

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Mosconi A sud del Po più presenti in ambiti decisivi in questi anni

ta Franco Mosconi, docente di economia industrial­e all’università di Parma, conoscitor­e dei mondi manifattur­ieri a cavallo tra le due regioni -. Hanno a che fare con le due principali traiettori­e tecnologic­he (scienze delle vita e Ict/Industry 4.0), dove si concentran­o attività di ricerca e sviluppo e innovazion­e; attività che hanno bisogno di capitale umano qualificat­o». Con un secondo fattore, per Mosconi: «Lì la domanda sui mercati mondiali è

sostenuta e l’Emilia Romagna vi si può inserire in posizione di forza (non a caso, è la regione italiana col record di export pro-capite)». Ma attenzione a non farsi prendere troppo dall’ansia: «Parliamo in entrambi i casi di due regioni evolute, fondamenta­li per l’economia italiana e l’ancoraggio del Paese ai mercati globali».

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