Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La comunità islamica ha la sua nuova moschea
arà la prima moschea di Venezia, e la più grande tra tutte le sale di preghiera esistenti. Quasi 850 metri quadri nello spazio del capannone di una ex fabbrica a Marghera, che potranno ospitare fino a 460 persone. Per la prima volta la Comunità islamica di Venezia non è più in affitto e ha «trovato casa».«Questo spazio è stato comprato con fondi esclusivamente nostri, di lavoratori musulmani che hanno attinto dalla loro busta paga per arrivare a concludere i lavori — ha detto ieri all’inaugurazione Aliovski Sadmir, presidente della comunità islamica di Venezia — non c’è nessun fondo estero, nessuna influenza, nessuna ideologia. Siamo liberi anche in questo senso, liberi di creare la comunità islamica del futuro per i nostri figli». Il piano terra sarà dedicato alla preghiera degli uomini, il piano superiore a quella delle donne. E sarà la moschea di riferimento per tutta la città (ci sono altre sale di preghiera in città, una ad Altobello, una alla Cita e tre in viale San Marco ma di piccole dimensioni). Lo spazio di via Monzani, intanto, preso in affitto nel 2009 è stato restituito e ora è chiuso. «Lo scoperto esterno ci permetterà di ricavare uno spazio per i bambini e per attività aperte alla comunità», continua Sadmir. La spesa si aggirava sui 450 mila euro, poi scesa grazie all’aiuto delle persone che ci hanno lavorato e delle imprese a 250 mila euro. E ora mancano solo l’impianto di riscaldamento e quello di raffreddamento. All’inaugurazione c’era anche Yassine Lafram, presidente Unione delle comunità islamiche d’Italia: «Dobbiamo essere riconoscenti verso Allah ma anche nei confronti dei nostri padri costituenti — ha detto — questo è possibile perché c’è la Costituzione italiana che è una delle Costituzioni più belle del mondo, in cui è contenuta la libertà di culto. I musulmani d’Italia sono dei cittadini hanno diritti ma anche doveri. Questa non è moschea dei musulmani di Venezia è la moschea di Venezia». «Venezia è così, una nazione di tante religioni» ha aggiunto l’ambasciatore Umberto Vattani, presidente della Viu. Per dare un segnale di unità la comunità ha pensato di piantare un albero per ogni nazionalità. «Volevamo chiedere ad ogni nazionalità che ci desse un albero che la rappresenta — continua Sadmir — per fare il giardino più bello e raccontare le storie di tutti».