Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Incendio in casa, muore ex dirigente L’allarme di un operatore del mercato

Tragedia a Torre di Mosto, la pensionata investita dal fumo. Probabile corto circuito Attacco cardiaco ma per i medici era solo brachialgi­a «Potevano salvarla»

- Giacomo Costa Gi. Co.

● L’incidente ieri mattina verso le 11. Paola Geretto con ogni probabilit­à è stato uccisa dal fumo che l’ha travolta aprendo la porta di una delle stanze del suo appartamen­to in cui si stava sviluppand­o un incendio

● L’intervento dei soccorsi è stato inutile, così come i tentativi di rianimare la donna. Geretto aveva lavorato a Roma e nelle Marche ma aveva origini veneziane

TORRE DI MOSTO Una tragica fatalità, forse un cortocircu­ito, sicurament­e in una stanza chiusa, senza molta aria e lontana dallo sguardo della padrona di casa, che quando si è accorta di quel principio d’incendio era già troppo tardi. Il fumo l’ha travolta come una valanga, riempiendo­le i polmoni, uccidendol­a. Ieri mattina, poco prima delle 11, a Torre di Mosto, ha perso la vita Paola Geretto, 67 anni, passanti, vigili del fuoco e sanitari del 118 non hanno potuto salvarla. Il primo ad accorgersi che qualcosa non andava è stato uno dei commercian­ti del mercato settimanal­e, di un banco di ortofrutta: la casa di Geretto è una di quelle che circondano piazza Indipenden­za, alla sinistra del municipio, l’intonaco esterno celeste e la palma che svetta a fianco all’ingresso la rendono piuttosto riconoscib­ile. Il filo grigio di fumo che si alzava oltre il tetto è stato notato e segnalato, subito è scattata una chiamata al 115 ma intanto si sono fatti avanti un carabinier­e in congedo e un vigile urbano, entrambi di passaggio, che si sono lanciati contro il portone per abbatterlo.

Presto i pompieri e il Suem sono arrivati sul posto, assieme hanno trovato la 67enne e l’hanno trascinata fuori; poi sono iniziati i tentativi di rianimarla, disperati, i sanitari hanno insistito a lungo prima di vedersi costretti ad arrenco.

La tragedia avvenuta durante il mercato. Un operatore ha visto uscire il fumo dalla casa

SAN DONA’ Debora Berto è morta perché vittima di un errore diagnostic­o al Pronto soccorso di San Donà. A un anno e mezzo dalla tragedia in cui è morta la 45enne di Torre di Mosto, i consulenti tecnici della procura di Venezia hanno confermato le ipotesi che tormentava­no il marito Mirko, e che gli avvocati dello Studio 3A a cui si è rivolto hanno cercato di chiarire. Il 16 dicembre 2020, alle 12.45, Berto aveva accusato dersi. Nel frattempo sul posto sono arrivati anche i carabinier­i di San Stino di Livenza, che assieme ai tecnici dei pompieri hanno lavorato fino alle 15 per mettere in sicurezza la casa e cercare di capire cosa sia successo, una domanda a cui comunque potranno rispondere solo le perizie dei prossimi giorni. Non sembra però che Geretto abbia avuto un malore o un mancamento che l’abbia distratta da un fornello acceso, piuttosto pare che un qualche apparecchi­o o una presa in una stanza lontana dalla sua attenzione sia andato in corto circuito. Lo scarso ricircolo d’aria avrebbe impedito il divampare di fiamme, ma ha riempito la camera di fumo denso e pesante, che ha finito per rivelarsi più letale del fuoun malore e si è accasciata sul tavolo; il figlio le ha praticato un massaggio cardiaco da 17 minuti, l’ambulanza arrivata subito dopo ha cercato di fare il possibile ma la donna si è spenta sotto gli occhi dei famigliari. Eppure per Mirko Sacilotto quella non è stata una fatalità imprevedib­ile: la moglie da qualche giorno lamentava dolori al polso e al braccio sinistro e l’11 dicembre aveva raccontato tutto ai medici del Geretto viveva da sola, era pensionata da anni ma in passato era stata una dirigente Istat con il ruolo di direttrice dell’archivio storico e della biblioteca di Roma, prima ancora aveva insegnato automazion­e di archivi e bibliotech­e all’università di Macerata, a Fermo, nelle Marche. Le sue origini, comunque, erano veneziane e infatti i suoi studi erano stati completati a Padova. Politicame­nte impegnata, anche se solo come privata, Geretto seguiva le attività dell’Anpi locale e si interessav­a alle battaglie ambientali­ste del territorio. Qui nel Veneziano, però, non le restavano molti parenti: ieri il magistrato di turno ha dovuto contattare il figlio oggi residente in Belgio per informarlo dell’accaduto e per richiamarl­o in Italia per tutte le pratiche necessarie (posto che la procura non decida di procedere con l’autopsia, il nulla osta per i funerali dovrebbe arrivare nelle prossime ore).

Nella chiesa di San Martino Vescovo il parroco don Gabriele Secco la ricorda come una delle sue parrocchia­ne, anche se non frequentav­a: «Siamo in attesa del figlio per preparare l’ultimo saluto — dice — Quanto è successo ha colpito tutti, una tragedia consumata nel cuore del paese, in pieno mercato, eravamo tutti lì, chi prima e chi dopo».

Dall’estero Paola Geretto aveva 67 anni, per il funerale si attende l’arrivo del figlio dal Belgio

Pronto soccorso sandonates­e. I sanitari, dopo due radiografi­e alla spalla e alla colonna cervicale, l’hanno dimessa con una diagnosi di brachialgi­a, senza sottoporla ad alcun approfondi­mento cardiaco, né agli esami del sangue, prescriven­dole una terapia farmacolog­ica antidolori­fica per cinque giorni e una risonanza magnetica del rachide cervicale, fissata per il giorno del decesso. Il problema era stato inquadrato e gestito come di natura ortopedica e non cardiaca. L’esposto della famiglia ha dato il via alle verifiche della procura, che ora confermano la natura della morte, dovuta «a un arresto cario-respirator­io da aritmia indotta da infarto miocardico acuto» che «era retrodatat­ile di oltre cinque giorni e già presente al momento dell’accesso al Pronto soccorso». I sintomi avrebbero dovuto suggerire il rischio di problemi al cuore fin da subito. Il prossimo passaggio è la chiusura ufficiale delle indagini, a cui seguiranno le richieste di risarcimen­to della famiglia.

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In mattinata
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