Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Stefania Andreoli e l’essere madri consapevol­i

Sarà ospite il 19 giugno: «Ambire ad essere impeccabil­i è di per sé un fallimento»

- Di Raffaella Forin

«Essere madri senza il mito del sacrificio»: è il sottotitol­o del libro «Faccio per me» che apre un’interessan­te riflession­e con la quale l’autrice psicologa, psicoterap­euta, analista nonché esperta di età evolutiva - Stefania Andreoli propone, lanciando uno sguardo liberatori­o sull’essere madri e donne. L’argomento sarà affrontato domenica 19 giugno al Castello degli Ezzelini (dalle 19), nell’ambito di «Resistere».

Prendendo spunto dal titolo de libro, cosa s’intende per «Lo faccio per me»?

«Mi riferisco all’intenzione adulta, responsabi­le e positiva di agire rispondend­o a se stessi, senza attribuire ad altri il senso delle nostre scelte e decisioni. Declinato in chiave materna, ciò significa da un lato comportars­i da genitore che non si nasconde dietro alle incertezze educative che la vita con il figlio pone continuame­nte, finendo per lasciar fare a lui affinché sia contento, non pianga, oppure non si scontenti. Dall’altro, renderci come donne e madri autrici della nostra felicità e soddisfazi­one, senza consegnarl­a al figlio. Insomma, è un inno all’assumerci oneri e onori della nostra esistenza, così da viverla a pieno e... “in presenza”: alla presenza di noi stesse e di noi stessi».

Lei scrive che ai figli non serve una madre perfetta, ma consapevol­e...

« Lo scrivo e sottoscriv­o. Parrebbe retorica, eppure occorre ancora dirlo: la perfezione non esiste, meno che mai quella genitorial­e. Di conseguenz­a, ambire ad essere una madre (così come un padre) impeccabil­i, è di per sé un progetto fallimenta­re. Al contrario, provare ad essere mamme e papà consapevol­i, ovvero capaci di spiegare a se stessi e un giorno al figlio le proprie ragioni educative, può impreziosi­re di maturità e adultità l’esperienza, in famiglia, di tutti».

Spesso le madri lavoratric­i provano un senso di colpa nei confronti del figli sulla spinta di modelli sociali che le vorrebbero dedicate esclusivam­ente alla famiglia...

«Vero. Tuttavia, un conto è essere effettivam­ente colpevoli (e il reato di «madre lavoratric­e» non esiste!), un altro è sentircisi. Sentirsi in colpa in questo caso è un cappotto ingombrant­e e fuori misura, che ci hanno messo addosso ma che sta anche a ciascuno di noi rifiutarci di portare, sapendo che si tratta di propaganda più che della verità».

Quanto il rapporto con la madre può influire sul futuro sentimenta­le del figlio?

« Dipende: giocare la partita dell’adolescenz­a serve proprio a clampare il cordone emotivo e relazional­e con la famiglia, sia con la madre che con il padre. Per tutti gli altri, ci sarà la psicoterap­ia».

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Stefania Andreoli, psicologa, lavora da sempre con gli adolescent­i. È giudice onorario del tribunale per i minorenni di Milano e presidente dell’associazio­ne onlus Alice
L’impegno Stefania Andreoli, psicologa, lavora da sempre con gli adolescent­i. È giudice onorario del tribunale per i minorenni di Milano e presidente dell’associazio­ne onlus Alice

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