Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Tronchetto, parla il pentito «La rapina agli hotel frenata dalle ordinanze anti-Covid»
I verbali di Shemollari: Trabujo ci dava le armi, voleva uccidere Rizzi
Nel primo interrogatorio, il 6 dicembre scorso, sei giorni dopo essere stato arrestato, l’aveva detto al pm Giovanni Zorzi: «Potrei anche scegliere di svolgere una collaborazione più ampia», aveva detto Festim Shemollari, il 33enne albanese accusato di essere l’uomo «operativo» di Loris Trabujo nell’inchiesta sulla nuova mala del Brenta, così da garantirsi uno status particolare dal punto di vista processuale e detentivo. Solo quattro giorni dopo, il 10 dicembre, è tornato dal pm (e poi ancora il 17 gennaio e l’1 aprile), aprendo nuovi filoni d’inchiesta e coinvolgendo altre persone: dalla rapina in un hotel di Venezia «frenata» dal Covid ad altre ipotesi di colpi nella casa di un cantante a Motta di Livenza, di due abitazioni a Rialto e infine di un portavalori a piazzale Roma.
Se i capi d’imputazione definitivi che il pm Zorzi ha notificato nei giorni scorsi sono praticamente raddoppiati – ora sono 141, gli indagati 78 dopo i 39 arresti del blitz del 30 novembre – buona parte del «merito» è proprio del «pentito» Shemollari. Che racconta subito come sia entrato nella «banda» di Trabujo. «Avevo conosciuto il fratello Denis in carcere, io ero semilibero e rientravo a Santa Maria Maggiore la sera - ha detto nei vari interrogatori Mio cognato mi aveva dato un passaggio con la sua barca a Venezia, abbiamo incontrato Trabujo e lui me lo presentò». All’inizio ogni tanto gli passa 50-100 euro. «Una volta uscito mi disse che voleva che io facessi parte del suo “gruppo” ha confessato lui - io ho dovuto aderire anche perché ero impaurito. Mi disse che mi avrebbe chiamato per fare delle rapine e dei furti». Si parla anche di droga, ma Shestola mollari dice che non ha i canali giusti. «Cercavo di sottrarmi alle richieste di Loris, ma mi sentivo sempre legato», ha poi aggiunto.
Shemollari ha partecipato alla rapina del 23 aprile 2019 al motoscafista che aveva appena ceduto la licenza e aveva mezzo milione in contanti. «Loris ci aveva detto a grandi linee il piano, ci diede due armi e disse di andare al parcheggio e aspettare una macchina bianca, da cui doveva scendere un uomo con una valigia - ha raccontato - Disse che avremmo dovuto prendere la valigia, montare su una barca che ci aspettava e portargliela». Il pentito ha «incastrato», come accompagnatore in barca, una vecchia conoscenza dei Ros, quell’Adriano Rizzi che era già finito a processo come intromettitore abusivo, poi prescritto. Per quella rapina ricevette 8 mila euro. Solo 100 invece per quella ad Avm del 3 marzo 2019: era arrivata la «soffiata» che la cassa fosse piena, ma c’erano appena 1530 euro. Shemollari aveva anche sentito Trabujo e «lo zio» (ovvero Gilberto Boatto) parlare del piano per uccidere Alessandro Rizzi, il famoso «Doic». «Avrebbero voluto ucciderlo con una pi
con silenziatore dopo averlo raggiunto con una barca - ha detto agli inquirenti Questa circostanza mi aveva molto preoccupato».
Quanto alle nuove rapine (tutte fallite) la più particolare doveva essere quella a un hotel veneziano dove confluivano gli incassi di 7 strutture. «Venne annullata a seguito delle ordinanze anti-Covid, per cui non c’era nessuno che potesse circolare per le strade», ha raccontato. Curioso anche il tentativo di furto in un appartamento a Rialto, quando vennero poi a sapere che dovevano «fare in fretta» perché era nel mirino di altre bande. Shemollari, dopo queste dichiarazioni corredate anche di sopralluoghi nei posti citati, è stato scarcerato a inizio febbraio e messo ai domiciliari. Nell’ultimo interrogatorio ha spiegato che stava cercando lavoro e l’aveva trovato come lavapiatti a Jesolo: ma «il titolare, saputo chi ero, ha temuto possibili ritorsioni ai suoi danni».
L’ingresso nella «banda»
La confessione: «Loris mi chiese di fare delle rapine. Io ho detto sì perché avevo paura. Ora cerco lavoro, ma non riesco»